Visione dell’angelo o rivelazione interiore? Non è importante sapere come sia avvenuto l’incontro, ma di certo Maria è stata avvolta dalla gioia del favore divino («Rallegrati, piena di grazia»), che irrompe nella storia degli uomini in modo originale e definitivo. Altre volte il Signore si era rivelato ai suoi fedeli e aveva anche operato delle maternità prodigiose, come quella di Sara, madre di Isacco, o di Anna, madre di Samuele, ma non aveva ancora deciso di prendere Egli stesso qualcosa da noi. Prende ciò che più ci caratterizza, quella carne con cui esultiamo ma anche soffriamo, perché l’esperienza del dolore è primaria alla nostra coscienza quanto quella della gioia. E proprio perché si tratta di un incontro avvenuto nella sua carne, Maria è attraversata all’inizio dal dolore del turbamento, dalla domanda drammatica sul motivo di una presenza e di un saluto che sono troppo altisonanti per una ragazza abituata al silenzio orante, tutto volto ad ascoltare la voce di Dio che echeggia in quella del promesso sposo Giuseppe. Invece Maria è scelta per udire direttamente la voce dello Sposo celeste e il suo ‘sì’ la renderà segnata per sempre dall’Onnipotente nella carne, facendola diventare il suo segno nel mondo. E tutto questo accade in un istante, nello spazio di un saluto e di una notizia. Perché Maria non è rimasta nel suo smarrimento? Dove ha trovato la forza per rispondere «eccomi»? Eppure non è stato facile per lei. Per noi tutto si risolve nella ‘fiaba’: arriva l’angelo e tu dici sì, senza nemmeno pensarci troppo. E invece, se mi fermo a riflettere, mi domando: a chi potevi chiedere come sarebbe andata a finire? A chi potevi confidare che era il figlio di Dio? Quando hai detto sì, hai pensato a tutto questo? Oppure ti è sembrato naturale accogliere la vita nuova, questa sterzata che ti cambiava prospettive e programmi? Maria è pronta a lasciarsi stravolgere da Dio, senza sapere cosa sarà di lei, perché è vergine, attesa pura dell’Amore puro, incontaminata da ogni sterile tentativo umano di trovare l’amore, pienamente disposta a ricevere il dono di Dio. Maria non si smarrisce perché si fida di suo Padre, che non la lascerà mai sola («il Signore è con te»), e accetta che la propria vita sia d’ora in poi totalmente visitata e guidata da un Altro. Sa che non potrà tornare indietro, perché si diventa padri e madri per sempre, ma non teme. «Come avverrà questo?». Ella chiede soltanto come deve comportarsi, cosa Dio si aspetta da lei. Non è resistenza la sua, ma desiderio di disporsi all’azione divina, di partecipare con creatività all’opera del Signore. L’angelo le spiega che non dovrà fare nulla, perché farà tutto lo Spirito Santo, Colui che opera le cose impossibili. La vergine si sente adombrata dallo Spirito, come la nube nel deserto copriva la tenda del convegno, in cui la gloria di Dio stabiliva la sua dimora. Sarà la madre del Santo, del Figlio di Dio, dell’Atteso del popolo. A Maria non sfuggivano le grandi opere di Dio nel passato e la speranza di quelle future: adesso, nel frammento della sua povera carne, si concentra tutta la storia della salvezza che chiede di passare di là, come attraverso una porta che solo lei può aprire. Il segno della sterilità di Elisabetta, ormai superata, è per Maria la conferma che il suo sì porta a compimento i sì del popolo nel passato e preparerà quelli futuri. Il racconto si conclude col desiderio ardente di Maria di vedere compiuto in sé il mistero divino, senza alcun merito, percependosi come «la serva del Signore». Per l’uomo del nostro tempo, la cui identità è spesso asservita all’ultima tendenza dominante, la storia di Maria diventa così la testimonianza di una vita che si dispiega gioiosamente nella risposta d’amore al Dio che chiama. Ella è concepita immacolata perché il Padre aveva già visto la sua risposta: guarda in noi, Signore, anche le risposte mai date, quelle ancora solo desiderate, e abbi misericordia.