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Nel cammino, fede e vita s’incontrano

A quel tempo non c’era nulla di più abominevole e alienante della lebbra, che per la legge mosaica era considerata frutto di maledizione divina dovuta al peccato ed escludeva totalmente dal consesso religioso e civile. Eppure dieci lebbrosi si trovano insieme, non solo perché era loro concesso di vivere in appositi siti fuori dei villaggi, ma soprattutto per significare che la totalità degli uomini, indicata dal numero dieci, è accomunata dall’esperienza del dolore che ci rende tutti uguali; inoltre, dieci era il numero di adulti richiesti per l’assemblea sinagogale, espressione di un popolo che vuole porsi in ascolto della Parola del Padre. Certo, chi soffre è indotto ad ascoltare il proprio tormento più di ogni altra cosa, e la vera sfida per chi accompagna i malati è suggerire l’ascolto della voce di Dio che si fa strada tra uno spasmo e un pensiero depressivo. Tale voce coincide con quella della speranza di un miglioramento o del desiderio di offrire la sofferenza per il bene di qualcun altro. I lebbrosi, rivolgendosi a Gesù, sicuramente sono animati dal desiderio di ricevere qualcosa; forse non sperano nella guarigione, ma almeno in un elemosina. Oppure vogliono semplicemente consegnare al Maestro il loro grido di dolore. Gesù raccoglie i nostri desideri poveri, come pure gli appelli ad una vita migliore che spontaneamente eleviamo al cielo; li farà suoi nel grido della croce che innalzerà al Padre a nome di tutta l’umanità…ma intanto invita ciascuno a fare un cammino. C’è sempre una strada da percorrere per chiunque; chi ha fede non ha mai davanti a sé vicoli ciechi, anche quando le soluzioni umane sembrano esaurite. La soluzione divina apre invece scenari inimmaginabili: Gesù invita i lebbrosi a presentarsi ai sacerdoti, deputati ad attestare i segni della guarigione. Cosa avranno pensato coloro che fino a quel momento portavano sul corpo i segni della morte? Come un corpo votato al disfacimento può trasformarsi nell’altare della celebrazione della vita? È proprio così che accade; tutto è possibile per opera di un Dio che non accetta che i suoi figli conducano un’esistenza grama e sfiduciata. Il cambiamento però richiede che ciascuno si riconosca lebbroso, perché chi pensa di non aver bisogno di Cristo non chiederà mai il suo aiuto. Poi è necessario disporsi in cammino in obbedienza alla sua Parola, anche se ancora non si è ottenuto quanto richiesto e persino se si pensa che sarà difficile ricevere quel beneficio. È mentre cammini che ti accorgi che il dono era già promesso nell’atto creatore e scritto dentro di te; è mentre cammini che realizzi che i tempi della desolazione non fanno altro che dilatare il cuore affinché il dono d’amore sia gustato più in profondità; è mentre cammini che scorgi un orizzonte di bellezza che non avresti potuto cogliere se fossi rimasto fermo a crogiolarti.
Poi inizia un’altra storia. il gruppo si divide tra i molti e l’unico. Solo uno torna a ringraziare. Non che gli altri non fossero riconoscenti al loro guaritore, anzi hanno obbedito al suo comando recandosi dai sacerdoti; è come se, dopo la terapia risolutiva, si sottoponessero al controllo medico. Si sono inseriti in un percorso tradizionale, mentre la fede richiede qualcosa in più. Molti oggi dicono: ‘Io credo in Dio, ma non sono praticante’. Espressioni simili possono rappresentare l’inizio di una cammino per chi non ha conosciuto Cristo o la sua inesorabile fine per chi lo ha conosciuto ma ritiene di non entrare in relazione con Lui, accontentandosi dell’idea che ha del divino. Fede è un contatto continuo con Gesù, è toccare il suo corpo masticando Parola e sacramenti, che hanno senso se conducono alla ‘prostrazione’, cioè alla consegna libera e gioiosa della vita a Colui che si riconosce origine, sostegno e fine dell’esistenza. La fede chiede di essere celebrata nell’incontro tra un corpo ferito e guarito e quello del Salvatore; essa è un abbraccio che fa risuonare la gratuità di Dio e la gratitudine dell’uomo. «Àlzati e va’» per iniziare nuovi cammini, da guariti diventare guaritori, da stranieri divenire intimi di Gesù. Cosa ne sarà degli altri? E di me? Dipende da quanto amore per Cristo la mia fede è capace di generare.