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Chi ama i nemici somiglia al Padre

I primi sette imperativi costituiscono delle risposte positive ad azioni negative perpetuate dagli altri nei nostri confronti, con l’unica eccezione di una relazione neutra che si instaura tra chi dà e chi chiede. È proprio la relazione interpersonale ad essere distrutta o negata dal nemico, ma il seguace di Gesù continua ad amarlo perché non può rassegnarsi all’idea di perdere un fratello. È questo, dunque, il primo frutto di quell’ascolto iniziale e perseverante della Parola: chi continua ad amare il proprio detrattore tiene vivo il rapporto con lui e anche la stessa persona che lo odia, la quale, se deciderà di convertirsi, troverà nel perdono della vittima il punto da cui risorgere dalla sua morte spirituale. Così facendo, colui che perdona riceverà la stessa misura d’amore da parte di Dio, anzi una misura sovrabbondante, perché essere e sapersi «figli dell’Altissimo» significa vivere già su questa terra un anticipo di Paradiso.
La formulazione positiva della regola d’oro motiva un’altra esigenza dell’amore, quella del primo passo. «Fate a loro», e la vostra iniziativa benevola potrà essere imitata, creerà una mentalità nuova di cui tutti beneficeranno, anche voi. Emerge qui il sentire popolare che il bene ritorna sempre, che alla fine paga; certo, bisogna saper pazientare che esso maturi nel cuore della gente, a volte dopo anni di chiusure e lotte interiori, ma si tratta di quelle attese dolorose e interminabili di cui alla fine si ricorda solo il frutto, come nel parto di un bambino.
Dopo aver esortato ad amare per primi, Gesù pone una serie di domande in cui in qualche modo invita a ‘selezionare’ le persone da amare. Tale indicazione sembrerebbe contraddire la natura gratuita della carità, ma in realtà il Maestro sta dicendo che l’Amore, essendo una persona, ha una propria sensibilità e addirittura delle preferenze, per cui sceglie chi non sa amare, le storie ferite, le aspettative non corrisposte. Per tre volte nel testo si parla di prestito, il cui antecedente letterario più celebre è Proverbi 19,17: «Chi fa la carità al povero fa un prestito al Signore che gli ripagherà la buona azione». Il prestito «senza sperarne nulla» ha dunque Dio come reale destinatario ed è depositato al sicuro nel suo cuore paterno. La generosità diventa allora il tratto tipico dei figli, ciò per cui il cristiano è riconosciuto e fa la differenza in un mondo in cui tutto è calcolato, persino i sentimenti. Nel sopracitato testo dei Proverbi si dice ancora: «Il pigro tuffa la mano nel piatto, ma stenta persino a riportarla alla bocca». Chi non entra nella logica dell’amore vuole solo essere sfamato dagli altri, cercando una soddisfazione dopo l’altra; il generoso, invece, è capace di nutrire il prossimo, confidando nell’assistenza della Provvidenza verso di sé. Che bello incontrare persone non preoccupate di sé, libere dall’idolo dell’autoreferenzialità, che quando ti parlano ti guardano negli occhi e non stanno da nessun’altra parte!
Cristo giunge dunque al vertice del discorso, indicando l’Origine dell’amore per il nemico: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso». Se Gesù non ci avesse svelato il volto misericordioso del Padre, non avremmo mai potuto immaginare di concepire un amore così alto. Quando noi pecchiamo, diventiamo nemici di Dio, morti che camminano, e solo il suo perdono immeritato ci ricrea nell’amore. La viva percezione della misericordia che continuamente il Signore ci usa, rappresenta l’unica ragione per abbandonare ogni istinto vendicativo. Poiché è la misericordia che mi fa vivere da figlio, non potrei neanche per un istante fare a meno di essa; allora ‘al diavolo’ i desideri di rivalsa e di umana ricompensa, se ne tornino al Maligno da cui sono venuti!