È Lui infatti la vera novità che ha il profumo di casa, perché è l’ambiente a noi familiare quello in cui più facilmente ci raccogliamo per decidere della vita. È a Nazaret che Gesù aveva imparato da Maria e Giuseppe ad ascoltare la Parola e, divenuto a dodici anni ‘figlio del comandamento’, poteva intervenire in sinagoga dopo la proclamazione delle Scritture per spiegarne il senso. Quel Sabato, tornato nel luogo che lo aveva visto crescere nella fede e compiere riti sacri, la sequenza dei gesti è ancor più solenne; in particolare, l’apertura del rotolo allude al fatto che Cristo è l’unico interprete dell’Antico Testamento e di tutta la storia umana. Lo Spirito Santo, che Isaia presenta come dono di consacrazione inviato sul servo di Ywhw, adesso investe Gesù e inaugura la sua missione nella storia. Sono cinque le azioni che compirà il Servo/Figlio, cinque come i libri della Torah, per ribadire che in questa scena madre si inaugura la nuova legge voluta da Dio. Lo Spirito manda il Messia a portare la gioia del vangelo anzitutto ai poveri; essi, che non hanno niente da dare se non se stessi, ci insegnano che la vera felicità consiste nel concepire la propria vita come un dono. Chi è prigioniero aspira ad essere liberato, e anche questa è opera dello Spirito di Cristo. Quante false liberazioni l’uomo sogna! Tra queste spicca l’affrancamento dai presunti tabù imposti dalla Chiesa, considerata come un burocrate che applica ogni forma di censura a condotte morali il cui valore coinciderebbe con la loro libera espressione. Tuttavia il bene non è libertà astratta, ma libertà che si dona ed edifica l’altro; fuori da tale logica, si corre il rischio di rimanere schiavi di se stessi e del peccato. Per questo abbiamo bisogno di occhi per vedere sia il peccato che la grazia e solo lo Spirito può farci dono di uno sguardo profondo sulla nostra vita, permettendo così l’effettiva attuazione di una condizione di liberazione da ogni forma di oppressione. Il discorso di Gesù non è dunque soltanto un racconto edificante che accarezza il cuore, ma realizza ciò che dice, inaugurando un tempo giubilare, l’accesso alla terra promessa di Dio. Tale ulteriore novità è storicamente un evento periodico che permette il libero accesso dei figli alla terra del Padre, rifondando il principio della vera fratellanza tra gli uomini, grazie al cuore di questo Padre che si apre concedendo oltremisura vita e misericordia.
Gesù riavvolge il rotolo perché nessuno dovrà più aggiungere altro a ciò che Egli ha detto. Il suo intervento ha determinato l’ammirazione dei presenti, ma possiamo immaginare lo stupore ancor più marcato quando Egli dichiara il compimento ‘oggi’ di quella Parola. Essa si realizza nella vita di chi l’ascolta ed è capace così di riprodurre il volto di Cristo nei sentimenti e nelle scelte dell’esistenza. Senza tale ascolto la fede non sussiste: «un cristianesimo senza Parola è un cristianesimo inventato» (Luigi Epicoco); chi invece diventa specialista dell’ascolto ne trarrà un frutto istantaneo di pace. L’intero episodio presenta l’intonazione del gaudio per l’opera di Dio, che abbiamo visto essere tutta orientata alla liberazione dell’uomo da ogni condizionamento. Resta il drammatico interrogativo: perché l’uomo non sempre si lascia liberare? Eppure Gesù continua a parlare e ad offrire la sua liberazione continuamente. È importante che ci sentiamo quei poveri, prigionieri, ciechi, oppressi, ‘giubilanti’ menzionati da Isaia e sappiamo cogliere nel nostro oggi l’inizio di una salvezza che progredirà nel tempo, senza la fretta di voler disporre subito di tutti i doni di Dio. Quel giorno fu l’inizio di un annuncio di gioia e di un dono di grazia che sarebbe culminato sulla croce: se vuoi il tutto, sii presente sotto la croce, là dove tutto è donato