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Morosini: «Gesù Cristo ci ha insegnato ad accogliere tutti»

Il Vangelo, proclamato durante la celebrazione dell’Epifania del Signore, sembra essere un racconto storico, di come i fatti siano accaduti. Eppure l’evangelista ha inserito alcuni elementi di riflessione molto importanti: c’è un richiamo alla concretezza dell’Epifania, come prima manifestazione dell’impatto di Gesù nella storia degli uomini. Da questo “nuovo inizio”, parte la “diversificazione”, ossia la grande novità che il Cristo porta nel mondo.
Gesù, infatti, si presenta come il Salvatore. Ecco come si concretizza, in modo esemplificativo il prologo dell’evangelista Giovanni: “Venne e non fu accolto”. Questo, purtroppo, è quello che continua nella storia. Sempre nelle Sacre Letture si leggerà come Simeone dirà a Maria che Gesù sara “segno di contraddizione”: anche oggi vediamo questo diverso atteggiamento degli uomini di fronte a Cristo.
I Magi, questi personaggi “misteriosi”, riconoscono questo accadimento straordinario, mentre Erode, uomo di potere, invece no. Dovunque il Vangelo è stato predicato, vi è stato una persecuzione. I padri della Chiesa nel commentare il passo che narra la vista dei Magi, hanno in realtà visto l’autentica missione dei cristiani.
Quanto è importante, in tal senso, la trasmissione della fede: riscopriamo la bellezza del termine “comunità cristiana” per non correre il rischio di confondere i nostri doveri con quelli della gerarchia ecclesiale. Non disperdiamo l’insegnamento della prima lettura della solennita dell’Epifania: il profeta Isaia ci spiega come la missione universale della Chiesa sia quella di unire i popoli.
Nella seconda lettura, poi, è celata la chiave intepretativa di tutta la celebrazione della manifestazione del Signore: san Paolo parla del “mistero della grazia di Dio” che “è stato affidato a me”. Il primo grande problema che gli apostoli hanno dovuto affrontare è stato quello di capire se diffondere il messaggio evangelico soltanto agli ebrei o anche al mondo pagano. Il dibattito è stato vivace, come è testimoniato dagli Atti degli apostoli.
L’idea paolina era indirizzata verso la tolleranza: i pagani sono chiamati a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo, a essere partecipi della stessa promessa senza però essere obbligati a uniformarsi alle pratiche giudaiche. il popolo di Dio è uno solo. Questa non è un’interpretazione del Vescovo, questa è Parola di Dio.
Attenzione, quì nessuno vuole aggregarsi ai carrozzoni politici, però dinnanzi a certe situazioni non possiamo tacere: sta maturando, infatti, una subcultura della non-accoglienza che dobbiamo stigmatizzare. Occorre chiarire la posizione della Chiesa in nome del Vangelo: non possiamo girarci dall’altra parte rispetto a scelte che provocano aggressività ad ogni livello.
Sul mare ci sono ancora delle persone raminghe con una politica europea che scarica il barile l’uno sull’altro. Questo non lo possiamo accettare. Gesù Cristo ci ha insegnato l’accoglienza: “Ero straniero e mi avete accolto”. Non possiamo cancellare queste pagine evangeliche: gli adulti che cultura di “bullismo” stanno trasmettendo ai ragazzi? Che grado di civiltà stiamo vivendo?
Se ci chiudiamo nel nostro egoismo e non ci preoccupiamo cosa accade agli altri, che società stiamo costruendo? Potreste non condividere questo pensiero, ma bisogna dire le cose come stanno: tutta questa violenza strisciante, poi, è alla base delle innumerevoli fratture all’interno delle famiglie.
Non dobbiamo arrenderci davanti alle difficoltà, dobbiamo ricordare gli altri valori che sempre Gesù ci ha insegnato come il perdono cristiano e la riconciliazione. Ecco, se non riscopriamo la grandezza di un Amore che perdona, come facciamo a dirci credenti? Gesù, ricordate bene, non ha mai abbandonato nemmeno Giuda: quel tozzo di pane attinto nel suo piatto era il massimo segno di amicizia che poteva offrirgli.
Rieduchiamoci all’accoglienza che comporta l’accettazione dell’altro: l’Epifania allarghi il nostro cuore a una visione di universalità che la fede ci ha dato. Chiunque si sente cristiano, si deve sentire fratello di chi gli sta accanto.