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Giovanni sono anch’io

Il dettagliato elenco di nomi di persona associati ad una regione, oltre a precisare il contesto storico e geografico in cui si svolge la predicazione del Battista, sembra quasi identificare ciascun potente con la porzione di terra che governa, l’uomo col suo possesso; Giovanni, al contrario, appare posseduto dalla Parola che annuncia. Ancora, mentre tali possessi mondani durano al massimo l’arco di una vita, la relazione tra il profeta e il suo messaggio viene da più lontano e si riverbera nel futuro. infatti il Battista cita Isaia, facendosi depositario di una storia passata che sta per giungere al compimento. È la storia dell’attesa del Signore, talmente viva nel cuore del profeta da sfociare in un grido: non basta annunciare che il Signore viene, occorre gridare, metterci passione, perché può parlare della buona novella solo chi ha l’animo infiammato per l’agognata novità che l’avvento del Signore porta. Non a caso Giovanni opera nel deserto, luogo in cui ci si appassiona alla vita in quanto corri costantemente il rischio di perderla; in cui impari a cercare Dio perché sei libero dall’impedimento dei beni; in cui puoi gridare la verità che porti dentro perché non hai più nessuno a cui mostrare le tue maschere. La via di Dio va preparata, cioè occorre ‘pararsi davanti’ ad essa, non sfuggire all’evidenza del cammino del Signore nella nostra storia. Ci sono percorsi che Egli ordinariamente traccia nella vita di ciascuno, l’amore e la sofferenza su tutti, lungo i quali si colloca già Lui e lì ci attende. Capiamo allora che preparare la via del Signore significa accettare il cammino attraverso il quale Egli si rivela nella nostra esistenza, non trascurare nulla di quanto la vita ci riserva, perché in tutto ciò che accade possiamo trovare un presentimento d’amore. Poi il profeta ci invita a rendere diritte le vie di Dio, non piegarle alle nostre comode esigenze o alle paure. Il Vangelo chiede di essere preso sul serio, altrimenti meglio non aderirvi. Anche Apocalisse considera inservibili i cristiani tiepidi, che amano se stessi più di quanto amino Dio e il prossimo o, pur coltivando un sincero amore per il Signore, non lo esprimono per la paura che prende il sopravvento su di loro. Il Battista chiede anche di colmare le voragini dei nostri vuoti: vuoto d’amore, di senso, di bellezza che caratterizza troppe esistenze. La più drammatica reazione a tale richiamo potrebbe essere: ‘non ce la faccio, troppo grande è la mia fatica di vivere’; eppure anche questa voragine può essere riempita se si abbatte il monte dell’orgoglio. Sì, perché tante depressioni possono nascondere un’irriducibile orgoglio che impedisce di chiedere aiuto, di misurarsi quotidianamente con la fatica di impegnarsi, di assumersi le proprie responsabilità nel cammino umano e spirituale. In Avvento è necessario più che mai non interrompere il dialogo personale con Dio, dare spazio ad un itinerario di fede che sia un cammino che parte dal punto in cui sei e ti porta ad una sincera conversione. È necessario per lo meno sognare la meta della propria fede, altrimenti non si comincia mai a credere davvero e a vivere di fede. Ed ecco che il profeta, nel nome del Signore, promette vie più accessibili perché «diritte» e «spianate». Che bello camminare lungo una strada dritta e piana; puoi concentrarti sul paesaggio e volare con i pensieri e non temere di inciampare. La paura di sbagliare, di fallire, è paradossalmente ciò che ci fa commettere più errori perché ci ripiega su di noi invece di metterci disarmati dinanzi alla meraviglia delle cose. Solo la certezza di vedere la salvezza di Dio è garanzia di un cammino sicuro, impreziosito dal fatto di sapere che «ogni carne», senza nessuno escluso, riceve un invito particolare alla festa del Regno. Neanche i potenti della storia fanno più paura in quanto la Parola, scesa su Giovanni, è arrivata fino a noi di profeta in profeta. Se ascolto la Parola e la testimonio, Giovanni sono anch’io!