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Lavarsi o sporcarsi le mani?

Il dialogo tra i rappresentanti di due opposte regalità è fatto soprattutto di domande, perché è proprio della verità lasciarsi interrogare per poi consegnarsi a chi la cerca con cuore sincero. Tuttavia Pilato, che come ogni detentore di potere mondano pensa di possedere la verità, non si lascerà possedere da essa, e per questo passerà alla storia come colui che si lava le mani. Invece chi è posseduto dalla verità si sporca le mani ed è contento di portare su di sé i residui di un male che ha contribuito a combattere, come Gesù, che ha portato su di sé tutto il male del mondo. È suggestivo il «tu» iniziale di Pilato in posizione enfatica, quasi a dire: ‘Guardati, ridotto come sei, tu saresti re?’. Non è più una domanda sull’identità politica o religiosa dell’accusato, la cui vista toglie subito ogni timore sulla sua pericolosità, quanto piuttosto un quesito sull’uomo nella sua dignità, che agli occhi del mondo sembra negata quando egli non appare più vincente, a maggior ragione se risulta del tutto perduto nelle mani dei nemici. La monarchia era nelle sue origini espressione del desiderio di Israele di essere come tutti gli altri popoli, ma questo recava in sé un’ambiguità, perché era come un sottrarsi alla volontà del Signore per mancanza di fiducia nella sua guida, come denuncia il profeta Samuele. Dunque non è vincente un desiderio che oscura Dio dalla propria vita, e prima o poi la vita stessa presenterà il conto di una scelta contro Dio, come si evince in 1Sam 8,11-17 con il cosiddetto ‘diritto del re’, in cui il sovrano prende i giovani per l’esercito, le giovani per le funzioni di corte, ecc., rendendo in certo senso schiavi, mentre Yhwh libera il popolo dalla servitù egiziana. Gesù porta Pilato, e con lui tutti noi, a fare discernimento: sono i capi giudei a muoverlo o il suo pensiero è libero? «Il procuratore respinge quasi con sdegno la prima ipotesi. Non gli interessava proprio nulla delle credenze di quella gente. A lui preme sapere se davvero quell’imputato ha commesso le gravi trasgressioni per cui i suoi connazionali lo hanno sottoposto al suo giudizio!» (Jesús García). In realtà il pensiero di Pilato non è libero come sembrerebbe e, il fatto che egli interroghi invece di rispondere, rivela un’incapacità di esaminare se stesso dinanzi a una verità diversa che comincia ad appalesarsi. Ciò che sta accadendo non ha eguali nella vita di Pilato. Si tratta non solo di un’accusa che chiaramente non regge, ma dello stravolgimento dell’ordine naturale delle cose: un uomo che sceglie di non difendersi, almeno secondo le logiche del potere e della violenza, le uniche che Pilato conosce. È proprio il confronto con la novità assoluta che Cristo porta con la sua testimonianza a costituire uno stimolo per noi su ciò che veramente ci muove: quanta libertà, quanta verità in ciò che penso e dico? «Il mio regno non è di questo mondo». Se davvero crediamo a questa suprema rivelazione di Cristo, inevitabilmente siamo chiamati a verificarci sulla nostra libertà da questo mondo e dalle sue menzogne. È qui che il Nemico si insinua e ha armi completamente diverse da quelle di Cristo. Mentre il Figlio è totalmente disarmato e detiene solo la verità dell’amore del Padre che lo rende libero dinanzi ai suoi detrattori, il Maligno fornisce all’uomo, oltre al potere e alla violenza, un’arma molto più silente e pericolosa: la volontà di non ascoltare. «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce», dice Gesù; ma Pilato scappa, ogni volta si sottrae alla possibilità che Gesù gli offre di esaminare se stesso alla luce di una verità più profonda. E io? Faccio della verità il principio della mia vita o è piuttosto la ricerca di diverse tipologie di benessere a guidarmi? La storia spesso ci ha mostrato che il potere politico sacrifica la verità in nome di presunte ragioni di ordine superiore, ma Cristo ha testimoniato che la vera regalità è completamente sottomessa alla verità e a servizio di essa.