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Vuoi essere felice? Rendi felici gli altri

A partire da tale inopportuna richiesta, il maestro dà un insegnamento che costituisce una delle pietre miliari del Vangelo. Essi cercano una pietra che funga da trono, vorrebbero essere partecipi della regalità sulla base di un qualche presunto merito, ma da qui a poco sarà chiaro che per sedere accanto a Gesù bisogna salire sulla croce, come i due ladroni. «Voi non sapete». Credo che qui si innesti il punto di svolta del nostro cammino spirituale: noi non sappiamo, ma crediamo di sapere. Ci fidiamo troppo dei nostri ragionamenti e sentimenti e proviamo ad attuarli senza prima averli confrontati con quelli di Cristo. Tutto ciò ci fa perdere solo tempo; il tempo impiegato per accarezzare le nostre idee malsane – della cui infondatezza, se siamo onesti, la coscienza ci avverte – dovrebbe essere impiegato in un ascolto attento e appassionato della sapienza di Gesù. Quanto bene ci farebbe un ascolto più prolungato, devoto, fiduciale! I due fratelli, ancor più convinti, affermano di poter bere il calice ed essere battezzati nel battesimo di Cristo, ma sono pienamente consapevoli che con tali immagini, dal sapore veterotestamentario, Egli stia parlando del destino di sofferenza che lo attende e che coinvolge anche i discepoli? Lo saranno poco dopo, quando moriranno martiri (all’epoca della redazione del vangelo di Marco, Giacomo è già stato ucciso), ma il cammino di conformazione al Crocifisso conosce una lenta maturazione nel cuore del credente.
Gesù non rimprovera i discepoli; Egli intende dare la giusta direzione a questo desiderio, lo vuole educare. Con infinita pazienza, ci aiuta a comprendere che la felicità che cerchiamo non sta nel potere che esercitiamo o nel posto che occupiamo, ma nel modo in cui stiamo in qualunque situazione ci troviamo. Il maestro dichiara come più appropriata per sé e per il discepolo la condizione del servizio. «La santità non è una passione spenta, ma una passione convertita: chi vuole essere grande sia servitore» (Ermes Ronchi). Davvero il vangelo richiede non un annullamento delle passioni, contrariamente a come una certa catechesi moralistica ha insegnato, ma un orientamento di esse verso il vero bene. Che passione c’è nel servire? Vi è intanto la gioia di non essere più schiavi della propria immagine, perché se fai una scelta di potere vivi male ogniqualvolta la gente non ti ossequia. Ma soprattutto vi è l’intima gioia di rendere felici gli altri. È questo l’esempio che ha dato il Figlio di Dio e che costituisce la fonte dell’autentica felicità. Gli attributi che a Lui assegniamo (Salvatore, Redentore, ecc.) purtroppo non sono adeguatamente compresi nell’era del linguaggio globale massificato. Diventa perciò urgente annunciare che Egli è morto per la nostra felicità, anche se sapeva che tanti di noi avrebbero qualche volta ucciso la felicità degli altri. È necessario dunque rivedere la relazione con Cristo: se mi convinco che Lui non mi punisce quando sbaglio, ma sono io che punisco me stesso allontanandomi dal bene, allora posso disarmarmi dinanzi a Gesù, dismettere l’abito della prepotenza e con Lui chinarmi a lavare i piedi dei fratelli. In tal modo avrò reso felice qualcuno, sarò diventato autentico discepolo e non un teorico del Vangelo. «Tra voi però non è così». Con l’uso del tempo presente, Gesù presenta lo stile del servizio come già affermato dentro la comunità, pur nella consapevolezza che effettivamente ancora ‘non è così’. Ciò suona come un atto di fiducia nell’uomo e un incoraggiamento a camminare lungo la via tracciata dalla purissima volontà del Signore. «Da Gesù Servo nasce una chiesa serva» (Luciano Manicardi): che sia non solo un auspicio, ma una realtà che si compie di giorno in giorno a tutti i livelli della vita ecclesiale.