Quando si affrontano questioni di bruciante attualità, come quelle che coinvolgono Rom, Sinti e Camminanti, a volte rimbalza la domanda: cosa fa la Chiesa? Mi verrebbe da rispondere con l’antico proverbio: fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce! Infatti, nell’operosità quotidiana, silenziosa ma efficace, molte parrocchie e molte comunità religiose svolgono un’attività importante di presenza, di sostegno, di tutela e di promozione proprio con i Rom. Gesuiti, Salesiani, Piccole Sorelle di Gesù, membri di organismi internazionali come il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, Caritas Internationalis e Comunità di Sant’Egidio, solo per citarne alcuni.
L’impegno quotidiano delle comunità cristiane si fonda su una lunga storia di servizio. Senza dimenticare eventi di grande visibilità, come accadde in occasione della visita di Paolo VI ai Rom riuniti a Pomezia, nel 1965, e come quando ci fu la richiesta di perdono della Chiesa nei loro confronti, nel 2000. Per incoraggiare una pacifica e democratica convivenza e per trovare una spiritualità di comunione, Papa Benedetto XVI, nell’Enciclica Caritas in veritate ha raccomandato di lasciarsi guidare da «un amore ricco di intelligenza e dall’intelligenza piena di amore».
E l’11 giugno 2011, in Vaticano, l’aula Paolo VI si è riempita di Rom che Benedetto XVI ha accolto e salutato. Ciò ha fornito la base per realizzare progetti e iniziative pastorali con giustizia e nella verità, sostenuti dalla carità. Carità, perdono reciproco e riconciliazione, del resto, sono necessari per una giusta impostazione pastorale se si considera che la situazione delle popolazioni Rom in Europa è fortemente contrassegnata dall’emarginazione e dalla discriminazione, anche nell’esercizio dei fondamentali diritti umani, come quello all’istruzione, al lavoro, all’alloggio e all’assistenza sanitaria.
La povertà e la discriminazione, a loro volta, concorrono all’esclusione dei Rom dagli ambiti del lavoro e della politica, dai sistemi educativi e dai processi decisionali. Tale situazione interpella la Chiesa che si adopera per la difesa della loro dignità e dei loro diritti, rammentando nel contempo ai Rom i loro doveri di cittadini. Anche Papa Francesco ha dato voce a questi orientamenti, quando ha ricevuto in udienza un folto numero di Rom, in Vaticano, il 26 ottobre 2015. In quell’occasione ha denunciato che: «i bambini muoiono di freddo o tra le fiamme, o diventano oggetti in mano a persone depravate, i giovani e le donne sono coinvolti nel traffico di droga o di esseri umani. E questo perché spesso cadiamo nell’indifferenza e nell’incapacità di accettare costumi e modi di vita diversi dai nostri. Non vogliamo più assistere a queste tragedie familiari».
Anche nella nostra Comunità diocesana di Reggio Calabria–Bova molte persone sono impegnate a testimoniare che pure i Rom sono al centro della preoccupazione della Chiesa, essi continuano ad occupare il posto che spetta loro, come disse Paolo VI, «nel cuore della Chiesa». Per questo incoraggiamo soprattutto i giovani Rom ad un impegno concreto e duraturo per migliorare le condizioni di vita delle loro comunità e per difendere la propria dignità e i propri diritti. Allo stesso tempo, non trascuriamo di ricordare loro anche il dovere di assumere tutti gli obblighi che una partecipazione responsabile alla vita sociale, politica ed ecclesiale comporta.
padre Gabriele Bentoglio
Responsabile Catecumenato della diocesi di Reggio Calabria – Bova