Gesù si è presentato sempre come colui che nei confronti dell’uomo sarebbe stato il senso della vita, ne avrebbe sostenuto i passi e ne sarebbe stato la forza. Gesù che avrebbe dato la vita, la luce, la forza, la gioia ecc. Ricordiamo tutte le immagini in proposito, che hanno come retroterra l’immagine di Mosé al popolo: Io ti pongo avanti la vita e la morte, il bene e il male, scegli se vuoi essere felice e tutti i tuoi figli.
L’Eucarestia realizza allora la promessa di Gesù di rimanere con noi sempre, attuando così la promessa contenuta nel nome Emmanuele, dato a Gesù dall’angelo. Il fate questo in memoria di me, che rende sempre vivo e attuale il dono della vita, fatto da Gesù a tutti noi: questo il mio corpo, dato per voi; questo il mio sangue dato per voi.
Accogliamo, miei cari fratelli, il dono dell’Eucarestia e celebriamola ogni volta certi di questa verità: Gesù cammina con noi e ci sostiene nelle vicende della vita, dando un senso anche alle nostre sofferenze e alla nostra stessa morte. Guardiamo all’Eucarestia con le certezze di fede che per noi scaturiscono dal racconto evangelico dei discepoli di Emmaus: Gesù, il pellegrino sconosciuto, che fa vincere ai discepoli la disperazione per i fatti tragici di Gerusalemme, camminando con loro e spiegando a loro perché il Cristo doveva morire.
Come commentarono poi i discepoli, quando si accorsero che quel pellegrino era Gesù? Non ci ardeva forse il petto, ascoltando le sue parole? L’ardere del petto è sinonimo di sconfitta della disperazione e di apertura alla vita, significato a sua volta dal loro ritorno immediato a Gerusalemme, sconfiggendo la paura delle tenebre della notte e della paura dei ladroni.
La vicinanza di Cristo ci fa sconfiggere ogni paura, ogni dubbio, ogni perplessità. Abbiamo bisogno di riportare Cristo per le strade, dinanzi agli innumerevoli pericoli che ci circondano. Il più grave dei quali è proprio la resa di fronte ai problemi e la disperazione, che ci attanaglia la vita. Questa resa alla disperazione che sta diventando cultura di massa con l’affermazione del diritto a darsi la morte.
Miei cari, perché piangere dinanzi al gesto estremo di togliersi la vita di fronte alla malattia e alle difficoltà economiche; oppure il gesto di toglierla agli altri dinanzi al fallimento dell’amore familiare. Ormai ci stiamo abituando ai delitti a livello familiare, quando si sperimenta la paura dinanzi alla fine dell’amore; una disperazione che coinvolge spesso anche i figli, risucchiati anche loro nel vortice della disperazione e dell’istinto di morte.
Mi chiedo: perché piangere e scuotere la testa con gesto di commiserazione, se non riusciamo come cristiani a reagire di fronte a questa dittatura culturale che ci circonda e fa della vita nostra e quella altrui un bene di consumo del quale disporre come si vuole e quando si vuole?
Questo è il mio corpo dato per voi; questo è il mio sangue versato per voi. La nostra speranza cristiana parte da questo dono che allarga i nostri cuori alla speranza. E allora dico a tutti voi che vi nutrite di questo corpo: avete perso la forza di testimoniare e di spandere una cultura di vita invece che di morte? Chiedo a tutti voi, che forse, dopo aver fatto la comunione, annuite al guru di turno che in televisione vi predica che togliersi la vita è un diritto: ma dove è finita la vostra fede e il vostro coraggio di essere testimoni del risorto?
Mi rivolgo in modo speciale a voi giovani: qual è la vostra coscienza di appartenenza alla Chiesa? Spesso noi cristiani passiamo dalla comunione sacramentale in Chiesa alle alleanze dirette o indirette con queste culture di morte in nome della libertà che l’uomo avrebbe di autodeterminarsi. Ma nella Bibbia non è considerato peccato il tentativo dell’uomo di attribuirsi una libertà che prescinde dalla legge di Dio? Sempre i cristiani nella storia hanno dovuto scegliere tra fedeltà a Gesù Cristo e imposizioni della cultura che li circondava; ed essi lo hanno fatto accettando anche la morte per essere fedeli al Vangelo e così hanno contribuito ed evangelizzare le culture. Oggi abbiamo perso questa capacità in nome del rispetto dell’uomo. E così abbiamo dimenticato che il Vangelo di Gesù ci è stato lasciato per promuovere l’uomo e la sua dignità.
Ecco il pane degli angeli, diventato cibo dei pellegrini. In questo pellegrinaggio terreno, miei cari fratelli ritroviamo la forza del vivere e della speranza nell’incontro con Gesù Eucarestia, per riaffermare in mezzo ai fratelli la speranza nella vita. Svolgiamo la processione in questo modo, immaginando di essere i discepoli delusi di Emmaus, che camminano con il Signore e trovano nelle sue parole la forza della vita.