Lombarda, esperta di arte e Sacre Scritture con numerose pubblicazioni all’attivo e curatrice della rubrica “Dentro la bellezza” del quotidiano Avvenire, suor Maria Gloria «rapisce» subito il vasto uditorio – composto, oltre che dal pubblico scillese, da rappresentanti dei gruppi di preghiera “Rete di luce” dei centri vicini – intrecciando la descrizione di tre opere pittoriche con la sua non comune biografia, traendone molti spunti di riflessione generale.
Un racconto che è anche storia d’Italia e dell’Occidente degli ultimi decenni. A partire dal ’68, «che cancellò l’eredità culturale. La devozione alla Madonna, i rosari, le processioni – nei quali ero stata educata – tutti soppressi in nome di un progressismo che celava il vuoto». La furibonda ribellione al padre, per poter partecipare ai raduni hippy. Fino a infrangersi nel volto di un ragazzo vittima della droga, così simile a «La testa nel crepuscolo» di Rainer Fetting, col suo portato di morte, pur se accanto a una flebile speranza. Sdegnata e arrabbiata, Maria Gloria abbandona quindi il mondo hippy per avvicinarsi al teatro, dove accanto a tante persone che non hanno conosciuto la speranza, incontra chi le parla di anima e di teatro come via di contemplazione cristiana, di quell’«annullarsi» che non è fine a se stesso come per le mode del momento, ma per riconoscersi compiutamente nel progetto di Dio. Invita quindi l’uditorio a guardare meglio «Golconda» di Magritte, quegli omini tutti uguali che sembrano aver smarrito i loro sogni, ma che in realtà uguali non sono, avendo ognuno un volto e guardando in una direzione propri.
Col fidanzamento, si avvia per Maria Gloria il processo che dovrebbe portare al suo presunto obiettivo naturale della vita: il matrimonio. Si reca a Lourdes assieme al fidanzato e resta colpita dallo stato di grazia che pervade quel luogo e chi lo visita, come alcuni scout in pantaloncini intenti in ginocchio, all’addiaccio, a pregare il Rosario nel freddo «polare» delle cinque del mattino. Al rientro, sono sempre più frequenti i casi nei quali preferisce trascorrere del tempo a Messa o nelle attività parrocchiali, anziché col suo fidanzato. Medita queste cose in automobile con lui, quando s’imbattono in uno spaventoso incidente che la porta in coma. Si sorprenderà nel vedere come Bosch nelle Quattro visioni dell’Aldilà sia riuscito, all’inizio del ’500, a rendere pittoricamente quella che è stata la sua esperienza, di come abbia, nel coma, accettato serenamente il destino di morte, salvo poi scoprire di dover continuare a vivere per uno scopo altro che avrebbe ben presto conosciuto, anche grazie a un nuovo pellegrinaggio a Lourdes.
Nel 1984 entra fra le Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento fino a fondare, nel 2007, col beneplacito del vescovo di San Marino–Montefeltro, una nuova comunità monastica che unisce, all’Adorazione, la cura di un centro di spiritualità per la diffusione della bellezza, anche fra i laici. Ad accompagnare suor Maria Gloria Riva la sua consorella e cofondatrice suor Teodora Giacobbe, con l’occasione tornata nella sua città e parrocchia d’origine, per la gioia del padre e di numerosi parenti e amici. E a chi le chiede come fare a combattere quella cultura di morte e di vuoto che oggi chiameremmo «pensiero unico», la suora studiosa invita a contemplare la bellezza ereditata dai nostri padri, a testimonianza della loro fede e dei loro alti valori, ed esserne all’altezza.