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Servizio Civile, un giardino per la pace

Successivamente abbiamo affrontato i temi dell’accoglienza, della protezione, della promozione e dell’integrazione. Siamo stati tutti i protagonisti di una discussione che ci ha reso cittadini del mondo. Attraverso il vissuto di giovani in servizio civile che sono arrivati in Italia senza un’identità, pieni di sofferenza e di speranza, e che adesso hanno preso il “marcio” della loro vita per trasformarlo in amore per il prossimo. Testimonianze che hanno inciso nell’aria un messaggio di luce in un momento difficile per l’umanità. Messaggio arrivatoci anche dai nostri giovani italiani che hanno deciso di mettere da parte la loro vita in Italia e svolgere servizio ad Atene e in Ecuador. Ci hanno raccontato realtà difficili, che loro combattono ogni giorno con determinazione e gesti di carità. Abbiamo conosciuto altre esperienze, come quello di Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità papa Giovanni XXIII, che ogni giorno “va a cercare i poveri”, come ha imparato da don Oreste Benzi e grazie a questa ricerca adesso ci sono, nel mondo, 447 strutture tra cui case di prima accoglienza, case famiglia, cooperative di lavoro e comunità terapeutiche. L’obiettivo principale, citando Don Oreste, è che zL’uomo da quando esiste ha sempre organizzato la guerra. Adesso organizzate la pace». Perchè la pace va organizzata, va costruita, va lavorata; perché in questo mondo pace diventa sinonimo di libertà. Una libertà che spesso viene data per scontata. Una libertà certa per alcuni, ma quasi impossibile per quegli uomini ignoti nati nel Sinai, Nel Corno d’Africa, in Libia e in Eritrea. Le cui vite spesso vengono scambiate per affari. Una realtà che abbiamo conosciuto grazie alla dottoressa Fessaha Alganesh, di origine Eritrea, fondatrice e presidente dell’Ong “Gandhi”, il cui obiettivo è salvare uomini, donne e bambini dal commercio di organi, dalla tratta e da un destino che in quella vita sembra essere scontato, già deciso. Alganesh Fessaha ha dato speranza a più di 850 bambini, ha salvato circa 750 vittime dei beduini. È diventata portatrice di un messaggio di rinascita, di libertà, di diritti umani che ad alcuni umani non appartengono.
Dopo il pranzo comunitario, nel pomeriggio abbiamo ripercorso le orme di papa Giovanni XXIII e abbiamo visitato il Giardino della pace. Espressione di cultura e umanità, nel quale sono incise vittorie e sconfitte della nostra storia, valori nascosti e preghiere di speranza da tutto il mondo. Un luogo in cui accanto alla preghiera di un uomo italiano c’era la preghiera di un uomo arabo, come a ricordarci che comunque siamo sempre tutti fratelli. C’erano legami, idee condivise e il fattore che unisce tutto il mondo: la fede. È il Giardino della pace, che ci fa sentire cittadini del mondo, un mondo che desidera solo il bene universale; un bene che però sembra ancora molto lontano. Ma che non risulta più impossibile, perché – citando don Virginio – «Il cristiano è quello che spacca il suo cuore in due per farci entrare il mondo», e quindi ecco, abbiamo aperto il nostro cuore per farci entrare tutti, ma soprattutto migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace.
Il 12 marzo, Giornata mondiale per la pace, i ragazzi provenienti da tutta Italia sono stati accolti dal cardinale Francesco Montenegro a Sotto il Monte.