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Il corpo di Gesù è il luogo dell’incontro con Dio

In nome di tale missione, entrando nel tempio, luogo d’incontro tra Dio e l’uomo, Egli osserva che in realtà questa relazione è stata falsata e resa quasi impossibile proprio da chi avrebbe dovuto favorirla. Lo scenario è dunque inaccettabile per Gesù: regna l’avidità al posto della gratuità, l’inganno invece della verità.

L’avidità è della famiglia dei sommi sacerdoti e della setta dei sadducei che gestivano il commercio degli animali per i sacrifici e la tassa di mezzo siclo al tempio. Si calcola che nei giorni della Pasqua potevano essere offerti fino a 18.000 agnelli da parte dei circa 100.000 pellegrini che salivano a Gerusalemme; inoltre, non potendo circolare nella zona sacra monete raffiguranti simboli pagani, i cambiavalute trattenevano per la loro commissione il dodici per cento. La gratuità dovrebbe essere invece l’atteggiamento sia del mediatore che dell’offerente, perché diversamente la preghiera, che è esperienza anzitutto interiore, si riduce a puro materialismo. Venditore e cambiavalute «si sono piazzati al centro, una funzione collaterale diventa centrale. Il maligno fa spesso così: cose secondarie le fa diventare centrali e viceversa» (Fabio Rosini). Tale stravolgimento tocca l’idea stessa della relazione con Dio, concepita ingannevolmente come un rapporto commerciale. I pellegrini si illudevano che, offrendo qualcosa a Dio, si sarebbero attirati i suoi favori. La verità è invece la relazione, non il commercio col Signore. Spesso continuiamo a comportarci da servi, da clienti e fatichiamo a considerarci figli; facciamo tutto per meritare qualcosa, persino l’amore dell’altro. La logica del mondo è una continua ansia, una corsa al contraccambio: se mi dai, ti do; se ci sei per me, ci sono per te. Forse questo accade perché sono rare le persone che ti amano senza chiedere nulla in cambio, forse è la paura di non essere abbastanza che ci porta a dover dimostrare sempre qualcosa. E poi, quando Dio ti dice che a Lui non devi dimostrare nulla, non sai come comportarti, ti ritrovi impreparato e fatichi ad accogliere il dono. Eppure dovremmo aver capito che la sua logica è diversa! Gesù vuole suscitare proprio questa nuova visione della relazione con Dio, definendo il tempio «casa del Padre mio» e definendosi pertanto come figlio, interprete autentico di tale relazione originaria e della volontà paterna. E lo fa “stravolgendo lo stravolgimento” di quel luogo, che tornerà ad essere una terra vergine purificata dalla forza del diluvio che distrugge la perversione umana. Il gesto della cacciata dal tempio si inserisce nella linea profetica perché già Amos e altri avevano denunciato la corruzione del culto solo esteriore invocandone la purificazione, ma la risposta data ai Giudei che chiedono l’origine della sua autorità diventa una profezia della sua passione e morte, con un valore programmatico all’inizio del vangelo. Gesù parla del tempio del suo corpo che sarà distrutto e in tre giorni riedificato e che, dopo la Pasqua, sarà riconosciuto come il nuovo e definitivo luogo d’incontro con Dio. È questo il cuore del testo, che riporta la nostra attenzione all’umanità di Gesù quale sacrario della presenza di Dio sulla terra. Ora, poiché per rapportarti a una persona devi partire da ciò che dice e che fa per arrivare a coglierne l’interiorità, comprendiamo come la relazione col divino sia un progressivo passare dall’esterno all’interno, fino a diventare capace di contemplare il cuore di Dio e i suoi sentimenti disseminati nella Parola e nella testimonianza viva della Chiesa.

Cristo sa che questo passaggio non è stato compiuto e che la fede di chi lo ascoltava non era ancora matura. E la nostra? «Gesù entra ancora una volta nella nostra vita, come entrò nel tempio, e manda all’aria le bancarelle dei nostri interessi meschini e riafferma il primato assoluto di Dio» (Jesús García). A noi il compito di custodire il tempio della nostra interiorità, che ci consente di entrare in comunione con l’intimità divina, scacciando ogni idolo presente dentro di noi.