Come vivi questo impegno pastorale?
Ho il privilegio di incontrare Cristo negli ammalati, servo il Signore servendo questi nostri fratelli infermi. Ma la cosa più bella è che non vivo in solitudine questo ministero, mi sento parte di una comunità ecclesiale che “anima” i Riuniti. Il mio servizio è sostenuto dall’aiuto di altri sacerdoti ai quali prontamente chiedo un supporto, come don Curatola, don Plutino, don Nocera, don Marrapodi, don Namia, i padri Monfortani e col diacono Pino Martello. Insieme a noi ci sono tanti laici, una religiosa, suor Piera, delle Figlie di Maria Bambina, sedici ministri straordinari della comunione, volontari, medici, caposala e infermieri. Tutti insieme formiamo la “Cappellania”, una comunità pronta all’annuncio e al servizio.
Non è facile in un Ospedale…
È vero, ma abbiamo stabilito una vera e propria “Alleanza Terapeutica” tra tutte le forze buone dell’Ospedale. Il malato, oltre le medicine, ha bisogno di recuperare forza d’animo e speranza. Proponiamo l’incontro con il Signore proprio come occasione di revisione di vita, di conversione. La nostra cappellania, inoltre, vive un profondo senso ecumenico, capita spesso di dover chiamare ortodossi ed evangelisti per far assistere fedeli di queste confessioni.
Anche le famiglie dei malati ricevono il vostro annuncio?
Si, condividiamo con loro gioie e dolori. La messa che quotidianamente celebriamo nella Cappella, è frequentata soprattutto dai parenti dei degenti, da molti coniugi che passano dall’Ospedale perché attendono la nascita di un figlio o perché assistono un genitore anziano. Ci prendiamo cura di loro, insieme a tutto il personale del nosocomio che, a onor del vero, è sempre pronto a segnalare i casi più sensibili e a chiederci di farci presenti.
Davide Imeneo