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Chiesa reggina in festa per i quarant’anni di episcopato di monsignor Mondello

L'arcivescovo Mondello

Un tempo fecondo, quindi. «Dobbiamo sempre parlare del vescovo emerito – ha dichiarato monsignor Mondello a L’Avvenire di Calabria – partendo dal sacramento dell’Ordine dell’episcopato col quale riceve quelli che il Concilio Vaticano secondo chiama “tre compiti”: insegnare, santificare e guidare. La condizione di emerito, evidentemente, non impedisce di poter continuare il proprio servizio anche se non comprenderà più il compito di guida della Chiesa locale, e quindi il vescovo emerito non deve né ostacolare né interessarsi, nel senso di dare indicazioni, perché questo compito spetta unicamente al vescovo residenziale. Però l’aiuto che l’emerito può dare può essere sempre prezioso».
Nato a Messina, il 21 ottobre 1937, fu ordinato sacerdote il 21 giugno 1960, mentre il 10 dicembre 1977 fu Paolo VI a nominarlo vescovo ausiliare di Messina. Il cardinale Pappalardo, arcivescovo di Palermo, lo consacrò vescovo il 21 gennaio 1978. Mosse i primi passi alla guida di una diocesi a Caltagirone, nel 1983, dopo l’esperienza di ausiliare dell’arcivescovo di Messina. Il 28 luglio 1990 fu eletto arcivescovo di Reggio Calabria, succedendo a monsignor Aurelio Sorrentino, su nomina di Giovanni Paolo II. Ha guidato la diocesi reggina per 23 anni alla luce del motto “Euntes ergo”. Il 12 luglio 2013 papa Francesco accolse la sua rinuncia al governo pastorale per raggiunti limiti di età. Durante i suoi anni di episcopato, dal 2003 al 2013, è stato anche Presidente della Conferenza Episcopale Calabra (Cec) e membro del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana.
Lo sguardo di monsignor Mondello è, infine, rivolto alla “sua” Reggio. «Io vedo la scelta della comunione come tema pastorale dell’anno come necessaria e urgente. La diocesi non è una sola parrocchia, ma è il complesso di tante parrocchie più o meno numerose che devono essere un aiuto per la crescita della comunità cristiana. Evidentemente questo – ha concluso il presule di origine peloritana – deve avvenire attraverso una riforma delle parrocchie che non possono sentirsi l’una staccata dall’altra».