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Il peccato taglia il rapporto con Dio e con i fratelli

“Che cosa può donare il Signore a chi ha già il cuore pieno di sé, del proprio successo?” si chiede. “Nulla”, afferma, perché il presuntuoso è incapace di ricevere il perdono, “sazio com’è della sua presunta giustizia”. Il re Davide, il pubblicano, il figliol prodigo ma anche san Pietro, Zaccheo, la samaritana hanno, invece, trovato il coraggio di togliere la maschera e invocare la misericordia di Dio. Chi è consapevole delle proprie miserie e abbassa gli occhi con umiltà, sente posarsi su di sé lo sguardo misericordioso di Dio. Sappiamo per esperienza che solo chi sa riconoscere gli sbagli e chiedere scusa riceve la comprensione e il perdono degli altri.
Francesco invita, quindi, a riconoscere che i nostri pensieri e le nostre azioni sono spesso “mondane”, per questo si compie l’atto penitenziale con la formula di confessione generale, pronunciata alla prima persona singolare. E si confessa di aver molto peccato non solo in “pensieri, parole, opere” ma anche in “omissioni” – sottolinea il Papa – perché “non basta non fare del male al prossimo” ma “occorre scegliere di fare il bene cogliendo le occasioni per dare buona testimonianza”.
Si chiede perdono a Dio e ai fratelli perché il peccato separa da entrambi: Il peccato taglia: taglia il rapporto con Dio e taglia il rapporto con i fratelli, il rapporto nella famiglia, nella società, nella comunità … Il peccato taglia sempre: separa, divide.
Battersi il petto – spiega ancora – significa poi riconoscere che il peccato è per colpa mia e non puntare il dito per accusare gli altri. Per spiegarlo, racconta un aneddoto di un missionario: andò da lui una donna a confessarsi e iniziò a dire i peccati del marito, della suocera, dei vicini. Alla fine il sacerdote le disse che aveva finito con i peccati degli altri ed ora poteva cominciare a dire i suoi.
Infine, ricorda che “specialmente la domenica si può compiere la benedizione e l’aspersione dell’acqua in memoria del Battesimo, che cancella tutti i peccati”.