{module AddThis}Grazie alla proposta espressa al nostro Rettore, don Sasà Santoro, dal direttore della Caritas diocesana, don Antonino Pangallo, ci siamo messi in viaggio verso la Grecia, facilitati dalla ottima organizzazione dell’Ufficio Caritas nella persona di Alfonso Canale e tutti i collaboratori. Siamo partiti carichi della fiducia e delle provocazioni di don Nino e di don Sasà, portando nel cuore, oltre le loro preziose indicazioni, anche il desiderio di conoscere un volto di Chiesa diverso da quello più vicino a noi e che vive un’ordinarietà ricca di possibilità e occasioni per testimoniare la propria fede nel Signore Gesù.
Arrivando ad Atene siamo stati subito accolti dalla porta aperta della casa di Filippo e Fabiola con i loro 4 figli. Una famiglia italiana che ha scelto la proposta della loro Comunità di appartenenza (Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi) di partire in missione in terra greca per essere Vangelo vivente per i bambini greci in difficoltà. Missione che, avendo al centro Cristo, ha nel tempo preso diverse forme e strade impreviste e che hanno portato l’intera famiglia a lasciarsi sorprendere da un Dio che continuamente colma di Amore i propri figli. Cosi Filippo e Fabiola si sono ritrovati ad accogliere intere famiglie profughe e allargare lo spazio della loro tenda a tanti viaggiatori erranti in cerca di un luogo dove ritrovare se stessi e in loro Dio, dai profughi ai tanti volontari italiani e no che si alternano in una continua e bella danza della carità, noi compresi.
Quando si ama non ci si sazia mai, così nel vivere l’ordinarietà di questa famiglia, abbiamo anche conosciuto i diversi volti che la loro fede ha assunto per far fronte alla povertà che da tempo mette in ginocchio quella terra. Abbiamo prestato le nostre braccia per sistemare i locali di quella che presto diventerà la “Capanna di Betlemme” che ospiterà Dio nella persona dei senza tetto e di ogni fratello scartato e rifiutato, che in quei giorni abbiamo anche potuto raggiugere in mezzo alla strada, dove nonostante la totale difficoltà della lingua, ci siamo potuti guardare negli occhi lasciando parlare il cuore. La casa che ci ha accolti fa parte di una struttura ancora più grande che si chiama “Neos Kormos Social House”, gestita dalla Caritas Hellas Atene e che si occupa dell’accoglienza dei profughi, guidata da diversi operatori italiani con i quali si è da subito instaurato un rapporto di fiducia fraterna e di collaborazione nella bellezza dello scambio dei propri carismi. In modo particolare con Elena e Petroula che ci hanno accompagnati in alcuni tratti ed esperienze, anche fuori programma, che abbiamo affrontato.
Insieme a loro ci siamo resi disponibili a condividere la nostra esperienza vocazionale e guidare momenti di preghiera con alcuni dei volontari italiani che in quei giorni svolgevano servizio nella struttura. Una presenza molto importante è stata per noi da subito quella di Padre Joseph Bazouzou, prete della chiesa Cattolica Armena, il quale ogni giorno ci ha accompagnati spiritualmente permettendo che la nostra giornata iniziasse nella lode a Dio e con la celebrazione dell’Eucarestia. Esperienza che ci ha permesso di allargare il nostro orizzonte percependo come, se pur nella diversità di lingua, cultura e modo di celebrare, c’è un solo cuore che batte e che è orientato verso lo stesso Signore e verso un unico desiderio che è quello del bene e della pace per tante sofferenza che i nostri popoli, se pur con espressioni, cause e intensità diverse vivono. E questo lo abbiamo potuto percepire durante le attività del Grest con i bambini e ragazzi, ma anche con le serate aggregative organizzate da Padre Joseph dove in un fazzoletto di terra riuscivano a cenare e vivere serenamente insieme tante nazionalità, religioni e fedi differenti. Questo Grazie semplicemente all’accogliersi così come si è, soprattutto nelle situazioni di difficoltà e di lontananza dalla propria terra. Anche noi abbiamo percepito la bellezza di sentirci a casa e accolti pur senza esserci mai incontrati prima. E’ Cristo il garante di ogni uomo!
Siamo stati mandati dalla nostra Comunità del seminario non solo per vivere un’esperienza forte di servizio ma anche per conoscere, appunto, la realtà ecclesiale ateniese nella sua piccolezza ma grande varietà di riti e di culture. Il primo incontro è stato proprio con il Direttore della Caritas Hellas Atene, P. Ioannis Patsis, che ci ha illustrato la realtà che la Chiesa Cattolica vive ad Atene e i rapporti difficili con la Chiesa Ortodossa che coinvolge il 99 % dei cristiani che vivono li. Con entusiasmo e gioia abbiamo avuto l’opportunità di incontrare grazie alla Caritas di Atene e al mitico Stanislao anche Il Vescovo dell’esarcato apostolico di Grecia per i fedeli di rito bizantino, Manuel Nin, O.S.B. che ci ha accolti sulla porta dell’episcopio e si è intrattenuto con noi condividendo la storia e la realtà della sua piccola porzione di chiesa, la fatica che vive e quindi anche la profondità spirituale che da essa ne deriva: “Anche un piccolo gregge ha diritto al suo pastore” ha detto il Vescovo. Il suo volto e atteggiamento ci hanno lasciato un senso di pace e di serenità molto intensi, probabilmente frutto del suo essere originariamente un monaco benedettino. Con passione e fierezza ci ha accompagnati nella cattedrale mostrandoci le bellezze che la arricchiscono.
E infine siamo riusciti a salutare anche l’Arcivescovo Cattolico di rito latino di Atene, Mons. Sevastianos Rossolatos che ci ha accolti in episcopio e anche lui ci ha presentato con attenzione e nei dettagli la realtà che la diocesi vive e i desideri che porta nel cuore nel cercare di raggiungere anche i tanti cattolici dispersi arrivati con i vari sbarchi e che sono disseminati in tutta la Grecia ma che faticano a intercettare le comunità cattoliche. Sono stati giorni ricchi, non tanto di cose da fare, ma di provocazioni, incontri, storie, volti, ma soprattutto tanta cristiana amicizia.
Incontri e volti che si sono avvicinati a noi e allontanati con molta naturalezza e lasciando una profonda scia di profumo di Cristo. Da padre Ioannis Paulos, sacerdote Ortodosso molto amico della nostra terra e di alcuni dei nostri preti e amici, che superando le distanze religiose e storiche ha scelto di guardare ogni uomo con occhi e cuore liberi e per noi è stato un grande esempio di Sogno Ecumenico e di quell’amore che vuole e deve vincere la legge per poter permettere a Dio di abitare nell’uomo…in ogni uomo.
Grazie alla porta aperta della casa di Filippo e Fabiola il Vento dello Spirito ci ha permesso di conoscere amici del movimento dei Focolarini, del movimento Punto Cuore, un loro caro amico che è sacerdote gesuita greco, con i quali abbiamo condiviso le nostre esperienze di chiesa. La maggior parte di questi incontri sono avvenuti attorno alla mensa della sera, nella convivialità che persino Dio ha scelto per donare se stesso. Perché le cose più importanti sono quelle più semplici che non necessitano auditorium o sale convegni, ma un’umile tavola apparecchiata sulla quale insieme al Pane e al Vino condividere la fatica e la bellezza di aver incontrato Gesù Cristo nella propria vita. Sono stati giorni nudi, semplici, profumati di umanità ferita e coraggiosa. Giorni colorati a metà ma con uno schema già tracciato da Lui e tantissime belle persone che hanno tanta voglia di continuare a colorare il resto del “disegno”. Giorni di tenerezza nella ricerca, in uno degli ospedali di Atene, di Petros un senza tetto morto da solo in ospedale senza che nessuno ne richiedesse il corpo… e che dopo tanta ricerca siamo riusciti a rintracciare per potergli dare una degna sepoltura e lasciarci avvolgere da quel silenzio di chi non comprende il perché di tutto questo e prova ad affidarsi rimanendo in cammino.
Tenerezza nei volti degli amici di strada che non hanno perso il coraggio di sorridere neanche tra l’odore forte di un’umanità che fatica a camminare. E soprattutto la tenerezza disarmante di un mendicante tremante per le continue dosi di droga somministrate nell’assurdo che lo abita… tenerezza nello sguardo fisso di pochi secondi che rimarrà impresso nel nostro cuore e nella nostra mente fino a quando non si trasformerà in gesto d’amore, in occasione di riscatto per qualcuno. Il nostro cammino verso il sacerdozio ha avuto la grazia di percorrere un tratto di strada a piedi, per potersi accorgere dei dettagli e delle sfumature della vita, per guardare più da vicino le zone d’ombra come quelle illuminate. Passi stanchi ma innamorati di tanti fratelli e ora amici che hanno creduto a quel Vangelo che attende continuamente di prendere Vita nella storia di ogni uomo perché si riscopra povero, fragile e figlio di un Dio che non abbandona mai le sue creature e crea ponti, apre strada, sogna relazioni fraterne e amichevoli tra i popoli del mondo. Ed è bello che a tre futuri sacerdoti sia stata proprio una famiglia a mettersi al loro fianco, ad accoglierli e portarli accanto agli ultimi. Perché una famiglia che non ha paura di aprire la porta di casa è per noi oggi e lo sarà ancora di più domani, un forte incoraggiamento ad affidarsi sempre più alla Provvidenza di Dio e alla Sua promessa d’Amore alla quale non smetterà mai di essere Fedele.
La Parola che Dio ci ha consegnato nella liturgia proprio in quei giorni ci invitava a ricercare e costruire il Regno di Dio dentro e attorno a noi, a rintracciare e custodire il tesoro e la perla che restituiscono senso alla nostra vita e la rendono preziosa perché figlia del Re. Ed è proprio quello che, subito uscendo dalla messa, avevamo occasione di vivere e costruire, in noi e tra noi. Non portiamo nella nostra comunità, del seminario e diocesana, un’approfondita cronaca dei fatti e neanche un reportage culturale, religioso, spirituale, caritativo. Portiamo un cuore, una mente e delle mani che hanno avuto il coraggio di guardare, ascoltare, amare fino in fondo una parte di mondo diversa e che proprio per quello arricchisce, una fede che ha dovuto aprire le proprie porte all’altro, al fratello che porta un altro “nome” ma che guarda con gli stessi occhi, che prega con le stesse mani, che ama con lo stesso cuore, che sogna con la stessa mente, che cerca Dio con cuore sincero.
Portiamo a casa la nostra vita non più uguale a prima, perché quando il Signore passa attraverso gli ultimi, non si può rimanere uguali ma ci si riscopre poveri e fragili e quindi pronti a lasciarsi abbracciare dalla Sua Misericordia e diventare portatori sani di Amore.. di Bene… di Senso.. di Dio! Con il cuore colmo di gratitudine e in attesa che Dio trasformi in gesti d’amore e di bene tutto ciò che in questa esperienza abbiamo visto, udito e toccato ci affidiamo alla Grazia di Dio che possa baciare la vita di tutti coloro che hanno permesso che tutto questo avvenisse, in un lavoro nato dal volersi bene, dallo stringere alleanze di pace tra chiese e fratelli sparsi nel mondo intero, perché niente e nessuno può trattenere l’Amore che muore e risorge per noi e, seguendo l’esempio di Francesco di Assisi, abbracciare la nostra povertà che ci rende sempre più umili fino a conformarci a Lui e poter arrivare a dire con le lacrime della gioia che libera: “Mio Dio e mio Tutto”.
“Spesso consideriamo la nostra missione in termini di dono, ma la vera missione è anche ricevere. Siamo inviati ai poveri, ai feriti, agli handicappati, ai prigionieri, per portare loro la Buona Novella della Risurrezione, ma ci esauriremmo in fretta se non accettassimo di ricevere lo Spirito del Signore da coloro ai quali siamo mandati. Solo quando il donatore riceve dal povero, e il povero a sua volta dona, può allargarsi il cerchio dell’Amore”. (Henry Nouwen)