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Dall’incontro scaturisce l’identità di ogni uomo

L'identità scaturisce dall'incontro

È solo un fattore di sensibilità umana che cambia da persona a persona, da un luogo all’altro della terra, e da un’epoca all’altra? È una ricerca di uguaglianza che l’uomo deve costruire e stabilire, oppure bisogna riconoscerla e viverla pienamente poiché è stata posta indipendente da? Attraverso queste domande entriamo in un discorso antropologico e per alcuni aspetti in un ambito religioso in cui è necessario richiamare Dio e la rivelazione. Il salmista nella sua preghiera si chiede: “Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore l’hai coronato” (Sl 8,5). A questo punto un’altra domanda sorge spontanea: “Ci può essere qualcosa che rende l’uomo non gradito a un altro uomo e a Dio?
Questo quesito nella Bibbia viene trattata attraverso il tema della purità. Fare qualcosa, avere contatto con qualcuno o con qualcosa può rendere impuro l’uomo e quindi non avvicinabile a Dio e alla comunità. Il mantenimento di questa condizione e la via della sua acquisizione ha interessato il popolo d’Israele e le sue guide tanto che anche al tempo di Gesù più di una volta i farisei si avvicinano a lui per chiedere per quale motivo non rispetta alcune regole che la garantiscano. I vangeli sinottici riportano alcuni episodi in cui Gesù accoglie le loro provocazioni e le colloca nel contesto più ampio della storia della salvezza. Un esempio concreto è il capitolo quindici del vangelo di Matteo, in cui la figura di una donna cananea diventa paradigma fondamentale per il lettore.
Il capitolo inizia con una domanda dei farisei: “Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Infatti quando prendono cibo non si lavano le mani.”. I farisei fanno una distinzione attraverso il criterio dell’osservanza della tradizione, Gesù risponde proponendo come criterio non la tradizione ma il comandamento di Dio e citando il profeta Isaia (29,13) smaschera l’ipocrisia che si viene a creare tra le labbra e il cuore, tra gli insegnamenti degli uomini e la parola di Dio: “avete annullato la parola di Dio con la vostra tradizione”. Qui in gioco non c’è un semplice atteggiamento o comportamento ma il cammino dell’uomo e la sua identità. Questa secondo Gesù si fonda sulla relazione con il Signore, dove gli elementi essenziali sono il cuore umano e la parola di Dio, la vera impurità è tenere il cuore lontano da Dio insegnando dottrine basate su precetti umani.
Nel suo argomentare Gesù dimostra che i cibi che entrano dalla bocca non hanno il potere di rendere impuro l’uomo, ma che l’impurità proviene da un cuore umano corrotto, sede di vizi che non sono solo depravazioni personali ma portatori di danni per gli altri, e si trasmette attraverso l’insegnamento e le dottrine basate su precetti umani. Se stringiamo i fili del ragionamento ci accorgiamo che Gesù arriva ad affermare che l’uomo in sé stesso (nel suo cuore) non riesce a trovare nemmeno la possibilità di un cambiamento verso il bene (Mt 15,10-20), poiché, come ci ricorda un altro episodio, “solo Dio è buono” (Cfr. Mt 19,17), e la pretesa e la presunzione di non prendere coscienza di questa incapacità lo portano non solo a perpetuare la difficoltà ma anche l’identità.
Nel suo discorso Gesù esclude che l’uomo possa uscire da solo da questa situazione di impurità e mette i suoi interlocutori in attesa di una soluzione che possa soddisfare la ricerca della purità.
La soluzione non avviene attraverso un discorso speculativo e nemmeno attraverso il racconto di una parabola, ma attraverso un episodio concreto, la necessità di una donna Cananea che chiede aiuto poiché sua figlia è tormentata da un demonio.
Nel vangelo di Marco che riporta lo stesso episodio, il termine demonio è sinonimo di spirito impuro.
Il rifiuto di Gesù di aiutarla, che in un primo momento può sembrare indifferenza e cinismo, in realtà permette alla donna di rivelare l’incapacità di risolvere la situazione senza l’aiuto di Gesù e soprattutto di comunicare al lettore la coscienza che ha acquisito di Gesù come cibo capace di entrare nel cuore dell’uomo e togliere l’impurità.
La donna sta affermando che l’azione salvifica di Gesù non è limitata nella sua quantità, non si esaurisce, e quindi se la dai all’uno non devi per forza privare l’altro.
Ella crede che quel “pane”, anche quel poco che per gli altri sembra perso, la briciola che contiene il tutto, è necessario e sufficiente per la guarigione della figlia. Se ci pensiamo bene è la stessa cosa che Gesù ha detto dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, quando comanda ai discepoli di raccogliere tutto perché nulla vada perduto (Cfr. Gv 6,12).
Ed è proprio così, ogni azione di Gesù, come la parola di Dio, non ritorna a Dio senza aver operato quello che Dio desidera. La comprensione di Dio e della sua azione salvifica in Cristo diventano poi espressione di fede nella ricerca tenace della donna, e questa confessione viene riconosciuta direttamente da Gesù.
Se in altre occasioni, infatti aveva parlato di poca fede, o comunque aveva sottolineato il potere della fede anche nella sua minima quantità, l’accostamento della briciola e del granellino di senape forse non è casuale, in questo caso qualifica la fede come “grande”, facendo capire quando questa disposizione assunta dalla donna gli permette di operare. “Avvenga per te quanto desideri”, la fede della donna non guarisce la figlia ma permette a Gesù di farlo, è la fede che permette a Gesù di verificare la capacità della donna di accogliere quanto Gesù sta per fare.
Gesù percepisce che quanto sta per dare non andrà perso. Si comprende meglio l’espressione precedente, “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”, in parallelo con quello che Gesù aveva affermato: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle ai porci” (Mt 7,6), i due animali non sono più categorie etniche ma simboli per indicare l’impurità. Dopo la professione di fede della donna e il riconoscimento da parte di Gesù il lettore sa che l’impurità non deve essere legata a una categoria di persone ma indica piuttosto un percorso di purificazione nel cuore dell’uomo in cui la parola di Gesù e la fede sono gli elementi essenziali.