Personalità assai particolare, in cui la vocazione allo studio, alla ricerca intellettuale e alla formazione di coscienze ha avuto la sua ragion d’essere nella chiamata al presbiterato ed il concreto hic et nunc nell’amore con cui si è speso per la sua Chiesa locale, Farias, in modo atipico per i tempi in cui è vissuto (dando aiuto in parrocchie, ma dedicandosi a tempo pieno all’insegnamento – in università e in seminario – ed alla diretta cura come assistente spirituale di tante entità laicali affidategli in diocesi), è stato sacerdote celebrando l’Eucaristia e vivendo con continuità la responsabilità missionaria dell’insegnamento della Parola di Dio. Ma lo è stato, “soprattutto”, desiderando e scegliendo di vivere in comunione piena vera con la sua Chiesa e i suoi membri, con la pratica dell’offerta di tutto sé stesso nel quotidiano in una terra già di per sé assai difficile da vivere, con rilevanti problemi sociali da affrontare ed in cui una tale responsabilità non sarebbe stata facilmente proponibile come paradigma per nessuno.
Pur non orientatosi alla vita religiosa, ha amato e diffuso la pratica della recita (comunitaria) della liturgia delle ore; ha sostenuto la necessità della prossimità ai padri della Chiesa (ed al loro magistero) per alimentare una vita cristiana matura; ha proposto, incoraggiando il più possibile la vita sacramentale, d’irrobustirla con una seria formazione scritturistica e pastorale; ha cercato la capacità di visione di tutto con gli occhi di Dio.
«Partire da Dio ed a Lui tornare» è stato, per così dire, il leit motiv d’ogni sua proposta di lettura profetica degli eventi mondiali e locali e di quell’autentica semina di cittadinanza operosa e generosa che ha stimolato, per condividere con gli uomini e donne del proprio tempo ogni speranza di futuro possibile.
A quanti hanno conosciuto e condiviso con lui la quotidianità (premurosa, affettuosa e lungimirante), ne hanno ascoltato lezioni, catechesi e meditazioni e magari pure confidenze o hanno anche solo letto i suoi scritti scientifici, non è sfuggito mai che era persona “speciale”, capace di grande penetrazione e stupore e di restituire prontamente quanto della realtà tutta gli dicesse di Dio e della sua prossimità all’uomo.
Per molti di coloro che in Fuci (Federazione Universitari Cattolici italiani) e Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale) ne hanno partecipato, s’è trattato d’un tempo enorme – oltre trent’anni – e di una grazia di difficile comunicabilità perché fatta di relazioni talvolta più intense e frequenti di quelle che già tra genitori e figli – dopo la maturità di questi e la loro autonomizzazione – è difficile riuscire a coltivare. Una grazia, come lui ha scritto, «ricevuta dal Signore e da tanti fratelli e sorelle» che hanno cercato di mettere in comune qualcosa di più della semplice simpatia o reciproca stima e fiducia umane, e cioè qualcosa che derivava dai doni di Dio e che a Dio desideravano ricondurre, traendo da lui la propria ragion d’esser come comunità.
Augusto Sabatini