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Scilla venera papa Wojtyla

scilla

La reliquia consiste in un frammento dei panni che servirono a tergere il sangue del papa santo, ottenuto da un gruppo di devoti messinesi per interessamento del cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia – che i più ricordiamo come don Stanislao, l’amatissimo segretario particolare di papa Giovanni Paolo II – affinché tenessero desto il culto al papa dei giovani, dei sofferenti e dei tanti carismi in Sicilia e Calabria.
Dopo la preghiera d’accoglienza, s’è snodata la processione verso la chiesa di San Rocco dove s’è celebrata la Messa solenne nella memoria del santo polacco e dov’era già stata intronizzata la statua lignea molto ben fatta che accompagna la peregrinatio della reliquia. In un lungo panegirico, l’arciprete di Scilla don Francesco Cuzzocrea ha messo in risalto molti aspetti della straordinaria vita e del magistero di San Giovanni Paolo II, con particolare riferimento alla sua «antropologia adeguata» alla base dell’insegnamento sull’uomo e sulla famiglia e degli studi dell’Istituto voluto dal Papa santo e che porta il suo nome, presso il quale anche don Francesco ha studiato.
Ma è la vita stessa di Karol Wojtyla a farsi magistero, data la varietà di carismi e di esperienze che visse, sempre col volto fisso su Cristo e sulla sua beatissima Madre.
Un futuro Papa che, neanche ventenne, è stato operaio in una cava di pietre, dove ha assistito alla morte di un collega, traendone ispirazione per una struggente poesia che si fa, insieme, preghiera a Dio e invocazione di una maggiore giustizia terrena. Questo episodio ha consentito di ricordare Serafino Sciarrone, giovane padre morto sul cantiere dell’autostrada Salerno–Reggio Calabria, in suffragio del quale, assieme ad altri, era celebrata la Messa nel V anniversario della dipartita.
Un futuro Papa che fu anche drammaturgo, i cui testi teatrali sono fonti anch’essi di prezioso insegnamento antropologico illuminato dalla teologia. Don Francesco s’è soffermato a lungo su «La bottega dell’orefice », testo dal quale molto si ricava del pensiero wojtyliano sull’amore e sul matrimonio indissolubile e sul ruolo della Chiesa – rappresentata ora da padre Adam, una figura sorprendentemente simile a don Karol, ora dallo stesso orefice – nell’accompagnare e sostenere le coppie nell’accettazione e valorizzazione di questo inestimabile dono.
L’orefice dirà a una delle protagoniste che intende disfarsi del suo anello nuziale di non poterne stimare il valore, poiché la sua bilancia è in grado di pesare soltanto le due fedi assieme.
Non si può nascondere come particolare e profonda emozione abbia suscitato sentir parlare di un santo che per molti dei presenti è stato una persona, in senso lato, «conosciuta », così come ascoltare il suo nome nel momento liturgico della menzione del santo del giorno dopo aver partecipato a centinaia di Messe solenni nelle quali era associato al nome del papa regnante.
Emozione che s’è moltiplicata a sera quando, nel corso della veglia di preghiera organizzata dai giovani, grazie a un videoproiettore, il corpo e la voce di Karol Wojtyla sono tornati a veicolare direttamente il messaggio definito dal Papa stesso di «radicalità » nell’orientamento a Cristo.
Sabato 27, nel pomeriggio, ancora i ragazzi hanno accompagnato la reliquia al Duomo dell’Immacolata, mentre a sera la peregrinatio Mariae che s’è svolta durante il mese di maggio ha conosciuto la sua ultima stazione a Ieracari, il quartiere di più recente edificazione. Come non ricordare le due storiche visite del pontefice a Reggio nel 1984 e nel 1988. «Ecco l’antica Reggio, le cui origini si perdono nella notte dei tempi! – scrive nel messaggio di domenica 7 ottobre 1984 – Ecco la Reggio della Magna Grecia, di cui ancora conservate le vestigia monumentali e i preziosi cimeli nel vostro importante Museo nazionale, che ora accoglie anche i due grandi bronzi di Riace. La storia di Reggio corre lungo i filoni delle grandi civiltà classiche europee. Nel toccare il suolo di questa città, provo emozione al considerare che qui approdò, quasi 2000 anni fa, Paolo di Tarso».
Giovanni Paolo II visitando Reggio disse: «Nel toccare il suolo di questa terra provo emozione perché qui approdò san Paolo di Tarso»
Giovanni Panuccio