Nella tradizione iconografica, in Maria è la sintesi dell’universale umano,della Chiesa, sposa dell’Agnello, e di ogni creatura nella sua personale relazione con Dio. Ogni altra figura di santità al femminile è contenuta nel modello mariano, perché esso è l’icona della Donna. Consideriamo, come modello di riferimento, l’icona della Vergine del Segno, che corrisponde alla profezia di Isaia 7,14:” Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio,che sarà chiamato Emmanuele (Dio con noi)” . Quel Figlio, nell’icona è iscritto in un nimbo d’oro, che è il cuore stesso di Dio,a sua volta inserito nella figura femminile in modo da esserne il centro. Infatti il luogo della sua inabitazione non è il grembo soltanto, ma il cuore stesso della Donna, la centralità della sua persona. La Madre , nel suo stesso essere una persona storica, Maria di Nazaret, si dilata alla dimensione universale della creatura umana, per aver accolto e portato nel mondo il Verbo della Vita, e nello stesso tempo raffigura la primizia della redenzione, la Chiesa, nel suo essere dimora e ostensorio. In quanto nuova arca santa, la Chiesa dunque – come ci mostra la figura mariana – non rinchiude in se stessa il Signore della gloria come in un cerchio magico ed esclusivo, ma lo presenta e lo offre al mondo. In questo, l’icona manifesta la vocazione della creatura “donna”: creata da Dio non dalla terra arida – ‘adamà’ – ma a partire dalla stessa carne vivente di Adamo, viene condotta dal Signore in persona all’uomo dormiente, per essere per lui il segno visibile dell’amore divino (Gen 2,22). E questo segno è l’Emmanuele, presenza della Gloria nel mondo. Di questa presenza è portatrice e ostensorio la Chiesa nel suo essere la Donna. Nella tradizione orientale, le icone mariane non presentano l’abbraccio della Madre e del Bambino secondo la natura, ma secondo la vocazione di quella natura che viene spesso confusa con quell’ affettività possessiva che ci è molto familiare, e che è in realtà il segno della caduta. La piena vocazione della donna – essere nel mondo l’icona dell’amore di Dio per tutto l’umano – si manifesta nel portare il mistero di Dio come centro vivente di sé, non per se stessa ma per ogni creatura. Ecco perché nella relazione fra la Madre e il Figlio, l’iconografia non ci presenta mai un abbraccio chiuso su se stesso, ma aperto verso chi contempla l’icona, verso lo spazio umano e il tempo della storia, per indicare che il fine di ciò che contempliamo è la sua consegna a ogni creatura umana, nella vocazione che si compie finalmente nel trasmettere il dono ricevuto.
Mirella Muià