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L’omelia di mons. Morosini alla Veglia per le vittime di mafia

Mons. Morosini alla Veglia per le vittime di mafia a Reggio Calabria

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Rinuncio a fare qualsiasi commento, che lascio a voi.
Voglio come Vescovo di questa Chiesa aiutarvi ad impostare un’azione comune per dare risposte al territorio su questo tema ed assumerci le nostre responsabilità, chiarendo ed assumendoci contemporaneamente il ruolo che ci compete, rigettando ogni accusa di connivenza e di inerzia, ma nello stesso tempo non inseguendo prassi che non ci competono.
Siamo comunità che cristiana, che sappiamo possiamo e dobbiamo incidere sulle coscienze. È a questo livello che noi dobbiamo fare il nostro esame di coscienza e scoprire e attuare sempre più le nostre competenze. Solo così questi appuntamenti trovano il loro significato.
Noi ci chiediamo, infatti, se sia sufficiente commemorare le vittime di ‘ndrangheta e pregare per loro. Basta leggere un elenco di nomi e raccomandare al Signore le vittime e i loro cari per tacitare le nostre coscienze? Basta stare qui a pregare e tornare a casa soddisfatti per aver dato il nostro contributo?
C’è tanta antimafia che si perde per strada e non coglie nel segno. Non vorrei miei cari che il nostro convenire in preghiera ogni anno si perda nelle nebbie del rito.
Ogni azione anti ’ndrangheta, anche la nostra, deve lasciare un segno nella coscienze e deve convergere vero un unico obiettivo, che è quello di mettere un piccolo tassello per creare quelle condizioni nuove all’interno delle quali la criminalità organizzata non possa trovare terreno fertile per crescere indisturbata.
Noi qui presenti siamo, alcuni consacrati, altri membri attivi ed operanti nelle strutture delle parrocchie e comunità cristiane; siamo perciò preposti, chi più chi meno alla formazione per lo più alla formazione di ragazzi e di giovani all’interno delle strutture educative delle comunità parrocchiali.
Scopriamo allora che la nostra responsabilità anti ‘ndrangheta è quella di formare le coscienze e di incidere in essa con la nostra formazione. Dobbiamo chiederci, allora, per prima cosa se nella nostra attività educativa diamo un sufficiente spazio specifico ad illuminare giovani e ragazzi sui pericoli della criminalità organizzata. La formazione delle coscienze è il nostro specifico spazio di azione: qui dobbiamo svolgere la nostra azione ed è dai risultati di questa educazione che siamo giudicati se la nostra azione è efficace ed è positiva.
All’interno della nostra azione educativa dobbiamo lavorare con impegno per non trasmettere una fede asettica, senza incidenza nella vita. Non dimentichiamoci che non è stata superata ancora l’aberrante commistione tra fede religiosa e adesione ad aggregazioni criminali. Sappiamo tutti che la Chiesa non sostiene questa aberrante commistione, ma è pur vero che ci dobbiamo interrogare perché non riusciamo a debellarla.
Nel contesto delle nostre responsabilità educative si inserisce il tema di questa veglia di preghiera: Giustizia e pace si baceranno. Il senso immediato delle parole lo si coglie con facilità: non ci può essere pace se non è rispettata la giustizia; l’amministrazione della vera giustizia deve portare alla pacificazione dei popoli, delle varie aggregazioni, delle persone tra loro. I due termini vanno però collocati nel contesto della predicazione evangelica, per cui la giustizia si identifica con la salvezza. Dio è giusto perché salva. Allora la giustizia che bacia la pace è la giustizia che si coniuga con la misericordia; questa poi può essere concessa, solo se è preparata dalla volontà dell’uomo che si apre alla conversione. La misericordia cristiana è la risposta di Dio e in nome di Dio alla volontà dell’uomo di cambiare vita.
Nella nostra azione educativa non possiamo non evidenziare ciò e lottare contro una visione giustizialista della vita, per cui la giustizia invocata finisce per essere una vendetta. Nelle sue Encicliche papa Francesco non fa che sottolineare che senza misericordia neanche la giustizia potrà essere affermata e la pace non potrà essere mai costruita.
Dobbiamo educare al discernimento della verità. Troppe volte i media trasmettono notizie false, distorte, inventate ad arte per colpire bittando in prima pagine il ‘mostro ‘ di turno prima ancora che la giustizia abbia fatto il suo corso. Sono le vittime dell’antimafia. Dobbiamo educare alla ricerca della verità per lottare contro la cultura a senso unico del pensiero dominante.
L’educazione alla fede non può essere staccata dall’educazione alla vita, alla cittadinanza, alla legalità. Per cui noi stessi dobbiamo convincerci che il male va denunziato e poi la stessa cosa va detta anche a chi ci è stato affidato per la sua formazione morale: la denuncia del male è un obbligo morale che non può essere disatteso. È il miglior modo di commemorare le vittime dell’ndrangheta.
Noi onoreremo le vittime di ‘ndrangheta se avremo il coraggio di denunciare noi e di educare alla denuncia. In ciò la nostra società civile deve fare ulteriori passi. È troppa poca la gente che non reagisce per paura, per disinteresse, per non esporsi. Paura e disinteresse rendono vuoto il sacrificio delle vittime che noi commemoriamo e ritardano sine die la soluzione del problema.
Nell’educare alla cittadinanza non dimentichiamoci che, come cittadini, abbiamo l’esercizio di un diritto, quello di voto, che spesso disattendiamo, perché andiamo a votare forse con leggerezza, senza avere la piena consapevolezza del nostro potere di decidere.
Spesso nel voto siamo condizionati dalle amicizie e dai favoritismi personali, e il territorio come il nostro fortemente segnato dalla presenza delle associazioni mafiose nell’apparato politico, amministrativo ed economico, è estremamente pericoloso. Possiamo dire di avere noi le mani pulite, per aver dato un voto pulito nelle varie competizioni elettorali?
Come educatori dobbiamo insistere perché il voto non venga venduto al migliore offerente, ma sia pesato. Lo abbiamo sempre fatto?
Come chiesa abbiamo la responsabilità di fare di tutto perché i giovani non perdano la speranza e lì dove possiamo contribuire a creare lavoro o a lenire le sofferenze delle difficoltà della vita dobbiamo continuare a farlo con impegno e amore. I giovani sono facile preda della delinquenza organizzata proprio per il vuoto politico che sta attorno alle loro speranze.
Dobbiamo continuare ad agire in prima linea per il servizio della carità. Ringrazio quanti già operano. La Chiesa di Reggio non è impalpabile. Essa c’è ed è presente sul territorio con tutte le sue opere caritative non di un solo giorno, ma per tutto l’anno.
Miei cari, pochi suggerimenti che ritengo necessari perché possiamo onorare realmente le vittime della ‘ndrangheta. Questo è il nostro contributo alla lotta intrapresa contro questo cancro della nostra società.