È la prima lettura che ci introduce dentro il percorso relazionale della benedizione, nel breve brano tratto dal libro dei Numeri la formula che Mosè deve rivolgere agli Israeliti pone la benedizione come un gesto che parte da Dio, infatti dopo il termine “benedizione” citato direttamente ci sono i due corrispettivi: “Il Signore faccia brillare il suo volto su di te”; “Il Signore rivolga il suo volto su di te”. L’effetto di questo movimento di Dio sono i doni concessi al popolo: la protezione, la grazia e la pace. Ma quello che definisce questa possibilità è la frase finale: “Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò”, cioè solo se il mio nome sarà continuamente su di loro io posso benedirli, questa frase è nello stesso tempo una certezza e una promessa. Il tema della benedizione viene ripreso dal salmo, questo canto di ringraziamento, usato da Israele al tempo della mietitura, si riferisce alla benedizione come atto di ringraziamento per la presenza di Dio in mezzo al popolo, un Dio che mostra la sua via e opera la salvezza, questa presenza si stacca da ogni altra presenza ed è portatrice di gioia poiché solo Dio può giudicare i popoli con giustizia.
La figura centrale di questa giornata insieme a Cristo è quella di Maria, Madre di Dio. Negli scritti del Nuovo Testamento è Paolo il primo a creare il legame tra Gesù, Maria e la storia: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli”. In questo breve riferimento viene affermata la divina maternità di Maria nella storia e nello stesso tempo viene definita la maternità di Maria nei confronti dei cristiani. Poiché, infatti, attraverso Gesù noi siamo riscattati e diventiamo, in unione con lui, figli, per questo particolare legame Maria diventa “Madre nostra”. Di Maria ci ha parlato il vangelo di Luca in preparazione al Natale e nella stessa nascita di Gesù, l’ha indicata come donna in attesa, donna in dialogo, donna in missione, oggi l’evangelista la presenta come “orante”: “Maria da parte sua custodiva tutti gli eventi, mettendoli insieme nel suo cuore”. I verbi per delineare l’atteggiamento di Maria davanti alla manifestazione progressiva del mistero sono due: suntereo e sumballo, il primo indica un conservare con cura, custodire, il secondo completa il primo definendo meglio cosa significa conservare con cura, custodire significa mettere insieme gli eventi per far venire fuori il significato più profondo, il significato “simbolico”. La rivelazione del mistero che Maria comprende è un cammino di pace, poiché è un percorso di pace il luogo dove Dio entra e realizza le sue promesse in Cristo Gesù.
La pace, infatti, non è una categoria, o peggio ancora un’idea umana, che si può realizzare attraverso veti o compromessi, ma la persona stessa di Gesù, che venendo nel mondo ha permesso all’uomo di accedere alla stessa comunione con Dio. È l’espressione messa sulla bocca degli angeli che definisce per noi questo dono, subito dopo aver indicato il segno di riconoscimento del bambino, le creature celesti innalzano una lode che definisce Gesù e la sua missione: “Gloria a Dio nelle altezze, e pace negli uomini di benevolenza”. Interessante quest’ultima espressione che letteralmente potrebbe essere tradotta così: “negli uomini benevolenti”, l’apposizione che qualifica gli uomini è il sostantivo dello stesso verbo usato da Luca e dagli altri evangelisti per manifestare Gesù nel Battesimo (eudokías). Luca ci sta ricordando che la pace è un dono che viene da Dio, viene dato a tutti gli uomini in cui Dio si compiace, nel Battesimo Dio si compiace nell’uomo Gesù Cristo, per questo l’incarnazione del Figlio permette a Dio di compiacersi nell’umanità. “Egli infatti è la nostra pace, lui che di due popoli fece una sola unità abbattendo il muro divisorio, annullando nella sua carne l’inimicizia” (Ef 2,14).