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Domenica la comunità parrocchiale di S. Caterina ha vissuto, in quel di Mannoli, uno dei momenti più intensi ed emozionanti dei suoi 400 anni storia. Mannoli sede storica delle estati delle associazioni parrocchiali che negli anni passati, hanno utilizzato le diverse strutture esistenti sul territorio, la Colonia Franchetti, l’Istituto delle Immacolatine (luogo caro anche al cuore del precedente parroco mons. Arcudi). E da qui parte il sogno. Con Don Pino D’Agostino, allora “vice” ed oggi parroco, inizia a farsi strada l’idea di una struttura propria, che possa accogliere anche i più piccoli e dare servizi appropriati.
A Mannoli molti fedeli della Parrocchia hanno mosso i “primi passi” ed hanno imparato a gustare il silenzio della montagna dove, nel silenzio, si può ascoltare meglio. Dove, accompagnati per mano dai “più grandi”, è possibile udire parole che ti parlano, che aspettano parole tue, che ti propongono relazioni che superano il tran tran dell’ordinario. Stare in montagna è fare l’esperienza dello stare insieme nella gioia e nel silenzio, a volte trascendente, è la spinta che vivi poi nella tensione a ritrovare, nella quotidianità, il senso della vita.
Quante mani ci hanno accompagnato, quante mani saranno accompagnate. Nella sua omelia, durante la celebrazione eucaristica nella Cappella che arricchisce la Casa “Santa Famiglia di Nazareth”, Don Pino ha sottolineato questo aspetto della continuità generazionale, sollecitato in questo dalla presenza di tanti, più grandi, che hanno contribuito alla crescita della comunità parrocchiale. C’era la storia degli ultimi settantanni. C’era il futuro, scouts e giovanissimi. Il brano del Vangelo, poi, è stato provvidenziale nel farci riflettere sulle diverse anime che abitano le nostre comunità e di quanto sia importante mettersi in ascolto. Non seduti, ma in piedi, pronti a camminare con coloro che il Signore pone accanto. In questo cammino, i fedeli della comunità parrocchiale di “S. Caterina” hanno incontrato persone che, coniugando Maria e Marta, hanno lavorato pregando e pregato lavorando, con la corona del Rosario sempre in mano, vedendole leggere brani della parola, sbucciando patate. Al servizio della parola, al servizio dell’uomo.
A servizio, questo è il senso de “La Casa”. “Chiediamo soltanto a chi la abiterà il rispetto di un sogno nel rispetto delle cose, afferma don Pino, grazie per questo all’AC del Duomo che ha testato la struttura ed ha dato a questa le prime parole le prime grida di bambini. Grazie a quanti, nel poco o nel molto, hanno reso possibile tutto questo, grazie a quanti, nel solco della tradizione, andranno avanti percorrendo strade nuove perché la vita sia sempre nuova in Cristo Gesù”. “Sia (allora) questa casa, sotto lo sguardo di Dio e a modello della Sacra Famiglia, segno di accoglienza, di crescita, di gioiosa fraternità, di vera comunione.
”Elio Cotronei