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L’affidamento puro, spogliato totalmente da certezze e pretese umane che diventa atto d’amore. Di questo rapporto ci parla la liturgia della parola dell’undicesima domenica dell’anno C, in modo particolare la lettera ai Galati e il vangelo di Luca. L’apostolo definisce la natura del suo vangelo affermando che la giustificazione dell’uomo avviene attraverso la fede in Gesù Cristo, escludendo totalmente da questo processo le opere della legge, in un secondo momento sottolinea come la vita stessa nella carne vada vissuta “nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato sé stesso per me”, definendo la fede come uno “spazio vitale” che si prolunga nel tempo in quanto realtà dinamica.
È chiaro che per Paolo all’atto iniziale, “Abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati in Gesù Cristo”, segue un atteggiamento continuo vissuto in unione a Gesù Cristo reso possibile dalla fede, anzi che lui definisce fede. La fede come semplice atto di assenso viene superata anche da quello che Luca ci narra, questa virtù infatti viene raccontata, perché visibile, da un fare umano davanti alla rivelazione di Dio.
L’introduzione del brano è talmente breve per quanto generale, si parla di Gesù che viene invitato da un fariseo. La situazione si complica a livello di trama dall’ingresso di una donna, peccatrice, che compie dei gesti nei confronti di Gesù. L’interpretazione di questi gesti determina il resto della storia e soprattutto la definizione, a livello di identità e di rapporti, dei personaggi. Nella logica del fariseo l’identità di Gesù viene definita, in lui, dalla capacità profetica di Gesù di riconoscere la donna che lo tocca, nella sua realtà di peccatrice, in qualche modo ha ingabbiato la realtà delle due persone che sta osservando in una legge che lui stesso ha definito, non c’è nessuna apertura se non la denuncia legale da parte di Gesù di quello che la donna ha fatto ed è.
La risposta di Gesù all’inizio rimane sul piano della conoscenza, Gesù è capace di leggere i pensieri di Simone, ma richiede per la definizione finale dei personaggi un’attenzione particolare sul fare della donna e su quello di Gesù. Attraverso la capacità di leggere i pensieri di Simone Gesù prende il giusto vantaggio che gli serve a capovolgere la situazione di partenza, la lettura viene fatta in forma parabolica e i personaggi vengono presentati nella loro realtà esistenziale, Gesù è il creditore, il fariseo e la donna i due debitori.
In una situazione apparentemente neutra Simone può oggettivamente emettere un giudizio sul suo rapporto di dipendenza nei confronti di Gesù che ancora non ha riconosciuto. Nel momento in cui Simone ha emesso il giudizio, Gesù lo riporta alla realtà leggendo la sua situazione di debitore non secondo lo status iniziale che lui steso aveva definito ma in base a ciò che entrambi hanno fatto per accogliere Gesù.
Si capisce che l’amore di cui parla Gesù nella parabola vien definito concretamente dai gesti di accoglienza della donna che ha coscienza della sua realtà di peccatrice e quindi di debitrice. Il versetto 47 diventa fondamentale per la comprensione del racconto, ma non è facile da interpretare: “Per questo ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco”. Cosa vogliono dire queste parole? Il rischio è quello di pensare che il perdono di Dio dipenda dall’uomo, in realtà la prima parte della frase deve essere contestualizzata e viene chiarita dalla frase finale di Gesù alla donna: “Va la tua fede ti ha salvata; va in pace!”. La pericope non dice niente riguardo il pensiero della donna, né riporta qualche parola, per questo la fede è stata espressa dai gesti che ha fatto nei confronti di Gesù, che in precedenza Gesù stesso aveva definito come amore, abbiamo quindi una coincidenza, in questo caso, tra fede e amore. La seconda parte riferita a Simone, a livello narrativo esce dal racconto per assumere valore generale, l’identificazione del lettore è permesso dal generale “Colui”.
L’espressione “Poco è rimesso, poco ama” è riferita alla situazione iniziale di Simone che pensa di non essere debitore nei confronti di Gesù, anzi. Per capire bene la si potrebbe rendere così: “Colui che pensa di non avere niente da farsi perdonare ama poco, cioè non accoglie Gesù”, quindi è per lui impossibile ricevere il perdono. Il brano, infatti, finisce con la rivelazione di Gesù che dichiara di poter perdonare i peccati con la sua parola. Questa dichiarazione apre un altro interrogativo sull’identità di Gesù, che è più di un profeta poiché questi può riconoscere il peccatore, mentre egli può giustificarlo e salvarlo. Tra quello che pensa Simone di Gesù e l’identità di Gesù c’è la stessa differenza che Paolo fa tra la legge e Gesù.