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Quando fanno il loro ingresso in Cattedrale, stretti in processione nell’abbraccio tra i diaconi ed il clero diocesano, cullati dai canti mariani della Schola Cantorum del Santuario di S. Francesco di Paola in Pizzo diretta dal maestro Diego Ventura, li accolgono gli sguardi commossi di parenti ed amici e fanno loro da sipario le confraternite del Rosario, dell’Immacolata, del Carmine e di S. Barbara della zona di Pellegrina e Bagnara. L’arcivescovo Morosini li accoglie con orgoglio di padre, insieme all’arcivescovo emerito Vittorio Mondello che gli siede accanto e che li ha visti nascere e crescere.
Il cancelliere arcivescovile don Giuseppe Praticò legge il decreto di erezione canonica della Fraternità in istituto religioso di diritto diocesano promulgato lo scorso 1 gennaio 2016, ripercorrendone la storia, da quell’anno 2000 in cui padre Santo Donato, mosso dal desiderio di dare vita ad una comunità di consacrati a Dio per mezzo dell’Immacolata, insieme a padre Antonio Carfì, inizia a gettare le basi di quella che, con l’apporto continuo di nuove vocazioni, dal 5 luglio luglio 2010 è diventata la Cittadella dell’Immacolata.
I carismi fondamentali dell’Istitututo si ispirano alla spiritualità di S. Massimiliano Maria Kolbe, per diventare proposta di vita, centro di spiritualità dove si possa coniugare l’aspetto spirituale con quello caritativo, la verticalità dell’ascesi e della preghiera con l’orizzontalità dell’impegno terreno e concreto, così come ribadito dall’Arcivescovo durante l’omelia: “La cittadella sulla scorta dell’intuizione di San Massimiliano, è un progetto di vita, il progetto di ricomporre la società sulla base della comunione avendo al centro la maternità dell’Immacolata che è stata la prima ad entrare in questo disegno d’amore, diventando così modello per tutti”.
Oggi – ricorda padre Giuseppe – “come quel 20 gennaio del 1842 in cui l’Immacolata della Medaglia Miracolosa apparve a Roma nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte all’ebreo Alfonso Ratisbonne e lo convertì, l’Immacolata è la protagonista della liturgia. Su quell’altare, dove era apparsa la Madonna, S. Massimiliano Kolbe celebrò la sua prima S. Messa e lì spesso si recava in preghiera, affidando a Lei il progetto della Cittadella. Oggi la chiesa vi riconosce ufficialmente come famiglia religiosa e vi affida all’Immacolata e all’intercessione di S. Massimiliano Kolbe”. Egli, continua Mons. Morosini, “vi ha ispirato l’ideale della Cittadella dell’Immacolata, come luogo ove gli uomini sotto la protezione di Maria imparano a vivere da fratelli sostenendosi vicendevolmente nella fatica del vivere quotidiano, con la speranza di dare al vivere di ogni giorno la gioia e la festa di Cana di Galilea, sostenuta dall’intercessione di Maria. Voi, allora, avete scelto di guardare a Gesù, che vuole realizzare comunità con i dodici apostoli per costruire la nuova città, prefigurata dalla Gerusalemme celeste, dove gli uomini, che si lasciano trasformare dalla fede nella docilità piena al Signore, come Maria, riescono a costruire la comunione e a trasformare la fatica del vivere quotidiano nella gioia del servizio”.
Segue una densa ed emozionante liturgia in cui l’arcivescovo Morosini invita i componenti della Fraternità dapprima a manifestare la propria disponibilità al voto della professione perpetua con una serie di interrogazioni, poi, mentre i piccoli Fratelli e le Piccole Sorelle sono prostrati davanti all’arcivescovo, vengono intonate le litanie del rito della professione religiosa, seguite dalla formula di professione letta prima da padre Santo Donato e firmata, e poi ad uno ad uno da tutti gli altri. Il momento conclusivo è la Benedizione dei neoprofessi, che si scambiano abbracci di auguri a vicenda. Infine la Benedizione degli anelli, che vengono poi consegnati, il primo a padre Santo dall’arcivescovo, gli altri da padre Santo ad ognuno dei neo professi della Fraternità.
La liturgia riprende come di consueto, ed insieme all’arcivescovo Morosini, all’arcivescovo emerito Mondello ed al vicario don Gianni Polimeni, concelebrano padre Santo Donato e padre Antonio Maria Carfì.
Al termine della la Celebrazione don Santo Donato interviene per porgere un sincero ringraziamento, per i suoi 34 anni di sacerdozio spesi nella Chiesa reggina, per quanti lo hanno sempre sostenuto e soprattutto per i suoi giovani che “hanno avuto il coraggio in un mondo secolarizzato e quasi completamente spogliato di ogni sensibilità religiosa, di seguire l’ispirazione della fondazione, hanno lasciato tutto e oggi hanno professato solennemente la loro adesione per sempre a Cristo per mezzo di un affidamento speciale alla Sua Santissima Madre. Essi – assicura – continueranno a farsi preghiera, ogni giorno, costante e affettuosa, per ciascuno di voi!”.