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Tribunali Ecclesiastici: la Calabria attua la riforma di Francesco

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Il Tribunale Ecclesiastico regionale – ha detto il presidente dei vescovi calabresi, mons. Vincenzo Bertolone – resterà in funzione per i processi ordinari per un periodo transitorio.
È necessario, infatti, “chiarire la funzione del TER in vista delle nuove norme”.
Nella riunione i presuli hanno quindi deciso “di lasciare in essere il TER almeno fino a maggio del 2016, prossima riunione dell’Assemblea Generale della Cei”.
E per quanto riguarda i processi ordinari il TER resta “invariato” mentre per i processi brevi, che “sono di stretta competenza dei vescovi diocesani”, saranno i vescovi stessi a portarli a sentenza.
“Questa – spiega mons. Bertolone – è una soluzione intermedia in vista di nuove disposizioni”.
Secondo le nuove norme, dettate da Papa Francesco, scompare l’ obbligo di una seconda sentenza conforme in assenza di ricorso in appello – sarà possibile fare appello ma non quando l’intento è chiaramente dilatorio – e il vescovo, giudice unico, avrà la possibilità di istruire un “processo breve” e arrivare direttamente ad un sentenza esecutiva.
In “Mitis Iudex Dominus Iesus” Papa Francesco descrive in dettaglio le principali “circostanze che possono consentire la trattazione della causa di nullità del matrimonio”: “mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici”.
Il Motu Proprio, precisa il Papa, favorisce “non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi, non meno che una giusta semplicità, affinché, a motivo della ritardata definizione del giudizio il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio”.
Dall’8 dicembre sarà il vescovo a giudicare: egli sarà “il maggiore garante dell’unità cattolica nelle fede e nella disciplina”, evitando così che “un giudizio abbreviato possa mettere a rischio il principio dell’indissolubilità del matrimonio”.
Raffaele Iaria