Come si esercita il potere sacerdotale, profetico e regale. Ovviamente, questo serve a calarsi nelle situazioni concrete. Gli esercizi servono ad orientare la vita dei preti. Anche se lo scopo fondamentale non è dare ordini, inventive, strategie, imporre doveri, ma è quello di aiutare ad avere un incontro personale con Gesù. Eviterei anche l’espressione “Esercizi spirituali”, perché dà l’idea che si tratti di un’esercitazione.
In un mondo che corre sempre più freneticamente sembra un paradosso quello di sostare per rinfrancare lo spirito. Come difendersi dall’eresia del fare?
Questi incontri sono una possibilità. Meno male che i sacerdoti hanno la possibilità di fermarsi, almeno una volta l’anno, di staccarsi dal loro lavoro perché nelle loro sedi è umanamente impossibile riservare un clima di raccoglimento e mettersi in rapporto con Dio. Se Gesù sentiva il bisogno di ritirarsi in solitudine, anche per noi è una necessità, ancor più che in passato. A volte il sacerdote perde le ragioni profonde del suo agire, può diventare anche nervoso perché sollecitato da tutte le parti. Si richiede calma e questa si può avere solo se esiste un rapporto appagante con Dio.
Secondo Lei quali sono le sfide che oggi un sacerdote deve sapere affrontare durante il ministero pastorale? Quali consigli darebbe ad un giovane ordinato sacerdote nel 2015? Il primo consiglio è quello d’innamorarsi di Gesù di Nazareth: tutto dipende da questo. Se un sacerdote ha il baricentro nel rapporto con Gesù, allora, è protetto dalle situazioni, affronta tutto con uno spirito diverso. Ha a sua disposizione un potere che non è solo il potere delle sue doti. E’ un potere soprannaturale che viene dall’unzione. Anche quando i seminaristi mi chiedono cosa dobbiamo fare, dico che bisogna mettere al centro il rapporto con Gesù. Allora, quello che si fa da studenti, non è per avere successo agli esami e quello che si fa da preti non è per fare carriera, per un avanzamento. Tutto questo viene dall’obbedienza e da un servizio agli altri. Quando lo scopo della vita diventa il potere o il denaro, è finita. Si entra in un ingranaggio dentro il quale ci si può aspettare di tutto.
Cambiamo argomento…cos’è la Sacra Scrittura per padre Raniero Cantalamessa?
La sacra Scrittura è Gesù. Come diceva sant’Ireneo “Gesù è seminato nelle pagine della Scrittura”. La Scrittura dell’AT è gravida di Cristo e nel NT dà alla luce Cristo. La mia attenzione, quindi, si pone sempre su Gesù perché Lui è l’anima della Scrittura. Le Scritture non sono un libro di precetti morali, Le Scritture sono la Parola vivente che si è fatta carne in Gesù. Quando Le Scritture sono vivificate dall’interno, allora anche nello spiegarle troveremo il modo di renderle appetibili alla gente di oggi. La Parola non è campata in aria, trova sempre un modo di rispondere alle domande che si fanno. Man mano che gli uomini fanno delle domande diverse, aiuta anche noi a scoprire delle risposte nuove. La predicazione è un ministero di grande responsabilità.
Lei come vive il ministero di predicatore della Casa Pontificia? Come prepara i suoi interventi e i suoi testi?
Ormai sono 36 anni che faccio questo mestiere. Penso alla pazienza degli ultimi tre Papi. Teoricamente io so come dovrei fare, non sempre, però, lo metto in pratica. Come dico spesso nei miei libri, la predica si prepara prima mettendosi in ginocchio e poi a tavolino, non il contrario. Mettersi in atteggiamento di ascolto finché una parola si stacca e da quella piccola luce o da una frase s’illumina, poi, una situazione particolare o esistenziale. Dopo, certamente, si devono utilizzare tutti i mezzi che lo studio ci mette a disposizione. Per questo, raccomando ai seminaristi di studiare non al fine degli esami, ma perché tutto quello che immagazzinano negli anni della teologia, dopo diventa manna. Noi sacerdoti abbiamo un ufficio che io esprimo in quest’ordine d’idea. La Chiesa è un magazzino pieno di tesori: la sapienza di Dio, la storia dei padri, la vita dei santi, dei mistici e noi siamo quelli che devono aprire questo magazzino e aiutare la gente ad attingere a questo tesoro. Siamo un po’ come Giuseppe in Egitto che dava le rate di pane durante la carestia.
In tutti questi anni al servizio dei Papi qual è l’episodio più significativo che conserva?
E’ difficile dire. Più che altro ricordo un aneddoto. Solitamente il venerdì santo il Papa presiede in San Pietro, ma non predica. La prima volta che feci io l’omelia, nel 1980, mi accorsi che parlavo lentamente e durai 10 minuti più del previsto. Il Papa, poi, doveva andare al Colosseo per la Via Crucis. Il Prefetto della Casa Pontificia era preoccupato, guardava l’orologio. Io non lo vedevo, il giorno dopo, però, raccontò alle suore che Papa Giovanni Paolo II lo richiamò dicendo: “quando un uomo di Dio ci parla non bisogna guardare l’orologio”.
Davide Imeneo