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Cresca il dialogo con gli ebrei

Prof Riccardo Burigana

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Il 28 ottobre 1965 il Concilio Vaticano II promulgava la dichiarazione Nostra Aetate sulle religioni non cristiane: cosa dice quel testo alla Chiesa del XXI secolo?
La dichiarazione Nostra Aetate è uno dei documenti più interessanti del Vaticano II; basta ripercorrere le sue vicende redazionali, che mostrano come i padri conciliari hanno perso coscienza di quanto necessario fosse, già allora, che la Chiesa Cattolica cercasse delle strade per dialogare. Presentare positivamente alcune religioni era una risposta al desiderio, espresso da tanti al Vaticano II, di aprire una stagione di dialogo per rendere più efficace la testimonianza della Chiesa Cattolica nel mondo. Molto del dibattito conciliare, per tanti motivi, non approdò nella formulazione della dichiarazione, ma costituì un punto di riferimento fondamentale nella recezione di Nostra Aetate.
Proprio sulla recezione di Nostra Aetate c’è stato e c’è un grande dibattito: a che punto siamo sul dialogo interreligioso?
In questi anni si è molto discusso su come ha pesato Nostra Aetate in questa nuova intensa stagione di dialogo interreligioso, che è sotto gli occhi di tutti e che rappresenta una speranza per un futuro di pace e di giustizia; infatti proprio dalla lettura di Nostra Aetate si può cogliere quanto importante sia conoscere l’altro, partendo dall’accoglienza e dall’ascolto dell’altro, per cominciare un dialogo che è condivisione di doni spirituali, senza che questo dialogo comporti la perdita della propria identità, anzi. La recezione di Nostra Aetate mostra chiaramente come la Chiesa Cattolica ha scoperto una molteplicità di doni nella sua identità, favorendo un percorso di ricomprensione delle fonti e della centralità del dialogo nella sua azione missionaria.
Nostra Aetate, al numero 4, parla del popolo ebraico. Come va il dialogo con gli ebrei?
Con gli ebrei in questi cinquant’anni che ci separano da Nostra Aetate, sono stati fatti tanti passi per favorire una sempre migliore conoscenza e per combattere insieme ogni forma di antisemitismo; questo è stato possibile per una pluralità di fattori, tra i quali mi piace ricordare la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, creata da Paolo VI, nel 1974, proprio per riaffermare una peculiarità che era emersa in concilio e che poi si era, se non persa, edulcorata in Nostra Aetate.
La Commissione è stata ed è tuttora un punto di riferimento fondamentale in questo dialogo ebraico-cristiano; basta leggere alcuni suoi documenti per rendersi conto quanto è stato possibile fare e quanto ancora resta da fare per una comprensione reciproca di cosa il Dio Creatore chiede a cristiani e ebrei per essere nel mondo costruttori di pace. Su questo aspetto papa Francesco è tornato più volte, in modo chiaro, proprio per esortare cristiani e ebrei a prendere consapevolezza di questa comune eredità. Certo questo è il piano religioso del dialogo tra ebrei e cristiani; ci sono poi le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e lo Stato d’Israele ma questa è un’altra storia, anche se non mancano, talvolta, degli elementi che tendono a sovrapporre e a confondere questi piani.
E in Italia, quale è la situazione del dialogo tra la Chiesa Cattolica e le comunità ebraiche?
In Italia – mi piace ricordarlo – dal 1990 la Conferenza Episcopale Italiana ha istituito una Giornata Nazionale per l’approfondimento della conoscenza del popolo ebraico; si celebra il 17 gennaio, alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. La decisione di celebrare questa giornata nasceva proprio dal desiderio di fare qualcosa di concreto insieme, a livello nazionale, dopo che in tanti luoghi c’erano iniziative per il dialogo e l’amicizia tra ebrei e cristiani, per riaffermare l’importanza per i cristiani di conoscere le tradizioni del popolo ebraico e per radicare proprio nella comune radice il dialogo ecumenico.
In questi anni questa giornata ha creato e rafforzato legami, anche grazie a alcune figure come il cardinale Carlo Maria Martini e mons. Alberto Ablondi, che hanno alimentato questa nuova stagione con delle intuizioni profetiche che hanno dato tanti frutti, che a volte non riusciamo a cogliere per intero. Basterebbe pensare alle iniziative per il 50° di Nostra Aetate, un anniversario sul quale lo scorso febbraio lo stesso cardinale Angelo Bagnasco è voluto tornare in qualità di presidente della Conferenza Episcopale Italiana, auspicando e chiedendo iniziative per comprendere quanto attuale sia Nostra Aetate. Alla fine di giugno Roma ha ospitato un convegno internazionale su Nostra Aetate e, solo per citare una delle tante iniziative in programma nei prossimi mesi, a fine settembre a Fiesole, la Fondazione Giovanni Paolo II organizza una giornata di studio sul presente e sul futuro di Nostra Aetate come testo ancora fondamentale per costruire ponti con i quali sconfiggere la paura dell’altro e vivere la cultura dell’accoglienza, come ricorda, spesso, papa Francesco.
Gaetana Covelli