{module AddThis} Dal suo discorso sono emersi lo spessore culturale, la capacità pastorale e la calda umanità del prelato che, negli anni difficili della guerra e dell’immediato dopoguerra ha tenuto in mano le redini della diocesi di Reggio Calabria. La professoressa Minuto Peri ha deliziato i presenti con episodi della sua vita trascorsa tra Milano e Roma, lasciata la natia Reggio Calabria. È stato un percorso di cammino cristiano alla luce degli insegnamenti di monsignor Lanza, il quale poneva al primo posto questa regola: “bisogna essere disposti a capire cosa vuole da noi il Signore e accettarlo”.
S. E. monsignor Giuseppe Fiorini Morosini è intervenuto per sottolineare l’importanza che riveste, per la vita religiosa e culturale della diocesi, un’opera su monsignor Lanza, una personalità che si è imposta nella storia della Chiesa locale per la sua azione pastorale alla quale tutti coloro che occupano la cattedra arcivescovile di Reggio Calabria possono ispirarsi per trovare insegnamento.
Il professore Vincenzo Schirripa, docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose, ha magistralmente tracciato il quadro storico e sociale nel quale monsignor Lanza si è mosso durante il suo ministero a Reggio Calabria. Nella diocesi calabrese, ha sottolineato il professore Schirripa, monsignor Lanza portò le due esperienze che avevano alimentato la sua vita sacerdotale: lo studio profondo, la cui centralità era di primaria importanza per fondare la presenza pubblica della Chiesa sotto la guida dell’insegnamento sociale magisteriale; e lo spirito associazionista, che avrebbe galvanizzato intere generazioni di gioventù cattolica soprattutto femminile. È stato inevitabile ricordare il viaggio di monsignor Lanza nell’agosto 1943 verso Reggio Calabria subito dopo la sua nomina ad arcivescovo: fu un viaggio fra le difficoltà logistiche di un territorio ferito dalle vicende belliche e fra i mille sentimenti verso quei suoi fedeli cui andava a risollevare le sorti in quel terribile frangente storico.
La povertà e la tribolazione erano gli elementi distintivi della popolazione e monsignor Lanza rimase sempre accanto alle persone sofferenti divenendo l’unico sicuro usbergo degli indifesi. Premuroso come una madre, monsignor Lanza dimostrò l’energia di un padre ponendosi come interlocutore degli Alleati quando le truppe d’occupazione giunsero a Reggio Calabria a seguito dello sbarco anglo-americano nel settembre 1943: riuscì a difendere la popolazione e a garantirle cibo e medicine. Nel concludere il suo intervento il professor Schirripa ha apprezzato le non comuni doti di scrittrice della professoressa Minuto Peri che è riuscita a intrecciare magistralmente i ricordi personali con le notizie tratte dalle fonti archivistiche.
Fra le persone presenti nella saletta del museo diocesano non poteva mancare la professoressa Maria Mariotti che, oltre a essere stata la linfa vitale della diocesi di Reggio Calabria per la sua attività ecclesiale e un pilastro insostituibile della ricerca storica sulla Chiesa locale, si è occupata del riordino del fondo Antonio Lanza ed ha fortemente desiderato che venisse data alle stampe un’opera su monsignor Lanza. Non poteva essere trovata occasione migliore che presentare il libro su questo illustre prelato in uno dei numerosi appuntamenti celebrativi della ricorrenza del centesimo genetliaco di Maria Mariotti quale è stato l’incontro al Museo Diocesano.
Le parole conclusive sono state pronunziate da monsignor Sarica che ha messo in luce il valore che riveste il ricordo di monsignor Lanza: non è una sterile attenzione al passato, ma rappresenta un’immersione in un presente della Chiesa che si rinnova continuamente. Tutto ha avuto origine, ha continuato monsignor Sarica, dal dono che la Chiesa ha ricevuto e che con passione elargisce a tutti, è questo dono che spinge la Chiesa ad essere accanto a chi soffre, ad essere presente dove c’è bisogno. Monsignor Sarica ha riassunto lo spirito che anima la Chiesa ricordando un episodio degli Atti degli Apostoli, vale a dire la guarigione dello storpio alla porta Bella del tempio. Pietro non aveva denaro per fare l’elemosina allo storpio però gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do”. E lo storpio guarì.
Laura Venniro