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Eccellenza, nei giorni scorsi lei ha partecipato ad un incontro internazionale sulla famiglia e sulla nuova evangelizzazione promosso dal Cammino Neocatecumenale e svoltosi in Terra Santa. Erano presenti circa 130 Vescovi provenienti da 5 continenti. A che punto è la “Nuova Evangelizzazione” nella Chiesa del 2015?
Durante il Convegno c’è stata offerta l’avanguardia della nuova evangelizzazione. In parte conoscevo le tematiche trattate, perché ad un incontro simile avevo partecipato già qualche anno fa, però ho visto come quelle iniziative che allora nascevano si sono consolidate: soprattutto ho visto come si moltiplicano le famiglie che partono per evangelizzare. Ho notato soprattutto la generosità di molte coppie giovani che, lasciando tutto, partono per andare in missione e, diciamolo chiaramente, affrontano imprevisti e i rischi del futuro con una fede grande che sicuramente il Signore benedirà. Si tratta di persone giovani, di 25-30 anni, con figli: sono disposti ad andare dall’estremo oriente alle Americhe, nelle città secolarizzate, per garantire la presenza e la missione della Chiesa. La crescita del numero di queste famiglie, che si spostano insieme ad un presbitero per l’evangelizzazione ad gentes, è una cosa che fa ben sperare per la Chiesa.
Questa nuova forma di missionarietà sembra offrire importanti spunti sul rinnovamento della Parrocchia…
L’intuizione del cammino neocatecumenale, che Benedetto XVI ha sottolineato come un valore per tutta la Chiesa affermando che bisogna tornare a piccole comunità, non indica il superamento della Parrocchia, ma suggerisce una diversa impostazione della Parrocchia. Si parla di comunità senza chiese di pietra, senza edifici di culto. Sono piccole “cellule”, piccoli gruppi che celebrano nelle case, come la Chiesa delle origini, senza al momento aver bisogno di grandi spazi.
Secondo lei la Chiesa di Reggio – Bova in che modo può accrescere la dimensione missionaria?
Io penso che la nostra Chiesa deve accogliere l’invito e la sollecitazione di Papa Francesco ed intraprendere la via della “Chiesa in uscita”. Se le nostre Parrocchie riscoprissero il valore delle piccole “cellule” al loro interno, coordinate dal parroco e dai laici più impegnati, penso che la nostra Chiesa riscoprirebbe la forza della testimonianza della fede.
Per farlo è necessario scommettere di più sui Gruppi Famiglie. Devono moltiplicarsi e riscoprire questa funzione missionaria: magari adesso si riuniscono per la lettura della Parola, ma devono riscoprire il bisogno di approfondire il legame di fede all’interno delle mura domestiche: questo sarebbe di grande aiuto per il nostro territorio e la nostra diocesi. In questo il cammino neocatecumenale è stato profetico.
Ci spieghi meglio…in che modo le famiglie possono essere coinvolte nella missionarietà della Chiesa di Reggio – Bova?
La famiglia deve riscoprirsi trasmettitrice di fede. Questo è necessario per superare quella visione per cui pensiamo sia sufficiente nascere in un contesto cattolico per diventare naturalmente cattolici.
Dobbiamo recuperare il ruolo che la famiglia aveva – ed ha ancora – nella comunità ebraica: ogni settimana si riunisce perché l’annunzio continui dai genitori ai figli; l’esperienza di fede dei genitori viene comunicata ai figli settimanalmente e questo è fondamentale per la formazione. Nel Cammino Neocatecumenale è stato restituito alla famiglia il suo proprio ruolo: ogni domenica i genitori con i figli si riuniscono attorno alla mensa domestica e il papà e la mamma trasmettono ai figli i grandi valori cristiani che vivono quotidianamente.
In che modo i sacerdoti possono e debbono affiancare l’impegno delle famiglie?
I sacerdoti debbono dare fiducia alle famiglie, soprattutto alle famiglie che hanno intrapreso un percorso di formazione cristiana. Se ritengono che nella Parrocchia non ci siano tali famiglie formate allora debbono preoccuparsi per formarle cristianamente per poi affidare loro un ministero, dando fiducia.
Gli incontri di formazione non possono dipendere unicamente dalla presenza del sacerdote. Le famiglie devono riscoprire il valore dell’annunzio, ovviamente aiutate e coordinate dal sacerdote. Una chiesa in uscita se non riscopre il valore del laicato non raggiungerà mai il suo scopo.
Se per la comunità credente la famiglia diventa sempre più “Chiesa domestica”, per il mondo la famiglia rappresenta ormai un concetto arcaico e superato da “modernizzare”. Si tenta di estendere il concetto di famiglia a qualsiasi tipo di unione sentimentale. Qual’è il suo parere?
E’ chiaro che non posso che condividere quello che è il pensiero della Chiesa in materia. Noi crediamo nella famiglia naturale formata da un uomo e una donna e aperta alla procreazione dei figli che, per azione dello Spirito Santo, diventa un’unione-sacramento.
Oggi si parla tanto di un cambiamento del modo di pensare la famiglia che deve essere fatto per garantire i diritti a delle persone che vogliono stare insieme a prescindere dal matrimonio naturale (anche se in alcuni ambienti viene addirittura contestato lo stesso aggettivo naturale, ed è un’assurdità).
C’è la tendenza di confondere e di parlare di matrimonio o di unione in riferimento a qualsiasi convivenza che lo stato dovrebbe approvare e riconoscere.
Qui a mio giudizio si cela un’insidia grandissima. Spesso si parla di unioni civili, lasciando intendere che si parli di una cosa differente dal matrimonio…bisogna andare cauti su questo argomento. Nessuno mette in dubbio che lo stato possa legiferare per garantire i diritti personali, anche se quasi tutti i diritti rivendicati dai promotori delle unioni civili sono già riconosciuti nel diritto privato. Il vero problema è che quando si parla di unioni civili si nasconde spesso l’obiettivo ideologico di realizzare tale unioni come un vero e proprio matrimonio. Questo è inaccettabile.
Che lo stato debba garantire alcuni diritti (reversibilità della pensione, eredità…) può farlo anche senza “unioni civili”.
La Chiesa, opponendosi a questa visione, non vuole imporre il proprio modo di pensare ideologicamente, si tratta di salvaguardare una realtà naturale che non è stata imposta da una religione ma dalla natura stessa.
Anche la teoria gender rappresenta una minaccia pericolosa…
Basterebbe un minimo di riflessione per capire l’assurdità di un’ideologia che è innaturale. Non saprei che altro aggettivo usare. Una ideologia che umilia e ferisce soprattutto i minori.
Quando manipoliamo le loro menti, instillando che il proprio corpo è una manifestazione soltanto esteriore della sessualità, mentre culturalmente può essere fatta una scelta anche opposta o persino indeterminata, credo sia una violenza inaudita e non capisco come la teoria gender si difenda e non si possa ritenere un reato contro l’infanzia.
Il prossimo Sinodo si occuperà in modo particolare della Famiglia. Lei si attende delle novità in merito ai temi caldi che, spesso, appaiono sulle prime pagine dei giornali?
Io non mi attendo novità perché la misericordia deve essere fondata sulla verità. Se la Chiesa ha predicato questa verità per 2000 anni, e questa verità è contenuta nel Vangelo e nella scrittura, credo che modificare o interpretare diversamente ciò che abbiamo ricevuto aprirebbe la porta alla “messa in discussione” di altre verità.
Sarebbe un dramma: dove va a finire la stabilità della dottrina se tutto può essere discusso e modificato “in fieri”?
Il comune di Reggio Calabria si è mobilitato per istituire il registro delle unioni civili. Come considera l’istituzione di tale registro?
È un’iniziativa inutile che non ha funzionato da nessuna parte. Tanto più che è in corso un dibattito legislativo a livello parlamentare. Il voler affrettare i tempi è solo per obiettivi ideologici perché di fatto, questo registro delle unioni civili non serve a niente.
Infine…qual’è il suo più grande desiderio per il rinnovamento della pastorale diocesana?
Un risveglio del laicato che occupi quei tasselli che sono di sua competenza. Risveglio significa anche coscienza di formazione.
Il risveglio dei laici deve essere accompagnato dal risveglio del clero che spinga in i laici a formarsi per farli diventare non solo collaboratori ma anche corresponsabili dell’attività pastorale.
di Davide Imeneo
Tratto da L’Avvenire di Calabria del 18 aprile 2014