Cerca
Close this search box.

Tabularasa e Ce.Re.So: contrasto alla dipendenza dal Gioco d’Azzardo

Incontro sambatello azzardo

Si è parlato di Gioco d’Azzardo Patologico, in conclusione della campagna di sensibilizzazione sul tema, denominata #dipendedate (Dipende da Te), organizzata e promossa dal Ce.Re.So. di concerto con l’Associazione Urba-Strill.it, che ha inserito l’evento “Un gioco che fa PAURA”, all’interno del cartellone del contest Tabularasa 2014.Proprio Giusva Branca, organizzatore assieme a Raffaele Mortelliti del festival, ha aperto l’incontro-dibattito. “Legare realtà positive come Tabularasa e il Ce.Re.So. – ha affermato Giusva Branca – genera quelle sinergie capaci di far crescere l’intera comunità. Quando siamo presenti, quando riusciamo ad unirci siamo meno soli e abbiamo meno paura”.
Di certo il contrasto al Gioco d’Azzardo Patologico spesso è stata una lotta solitaria e sperimentale come sottolinea a più riprese la dott.ssa Caterina De Stefano, direttore del Dipartimento delle Dipendenze dell’ASP di Reggio Calabria. Il dirigente sanitario si è soffermata più volte sulle lacune legislative ed i vuoti istituzionali in cui versa in questo momento il settore della prevenzione e la cura delle dipendenze patologiche. “Siamo partiti perché abbiamo colto dal territorio l’esigenza e l’urgenza di intervenire –  ha sottolineato la De Stefano – abbiamo pochi strumenti, ma quelli che abbiamo cerchiamo di metterli a disposizione di tutti. Il Gioco d’Azzardo patologico va contrastato in modo corale, altrimenti la nostra battaglia di fronte ad una comunicazione che incita al gioco assume un valore marginale”.
La serata “Un Gioco che fa paura” ha concluso la campagna di sensibilizzazione sul tema, iniziata il 26 giugno col musical “Pinocchio” al Teatro Siracusa e poi proseguita allo Sporting Club di Bocale con la seconda edizione di “OFF SIDE”, di concerto con il Centro Sportivo Italiano. Dal 30 giugno gli eventi si sono spostati a Sambatello col torneo di dama “Fai la tua mossa” e con il cineforum, del 1 luglio. Un percorso di condivisione e di confronto.
   Il dibattito di ieri sera, moderato dal giornalista Federico Minniti, ha poi individuato un’altra peculiarità territoriale rispetto alla “strategia comune” da adottare sul campo della prevenzione dei casi di Gioco d’Azzardo Patologico: gli ultimi agli avamposti per i servizi di prossimità sono le Parrocchie. “Dobbiamo riconoscere che l’idea di società cristiana ormai è solo sulla carta: che comunità è quella che piazza la slot machine fuori dalle scuole o fuori dagli uffici postali, in modo che i pensionati possano “giocarsi” subito la loro pensione? In questo contesto si inquadra la mia proposta sui padrini: dobbiamo riscoprirci cristiani nel profondo – ha dichiarato alla platea, padre Giuseppe – e le parrocchie, le Caritas, devono essere le antenne del territorio, devono ascoltare ed accompagnare, come dei buoni samaritani”.
Seppure qualche passo si è fatto, un dato emerge dall’analisi del Centro Studi del Ce.Re.So.:  il fenomeno del gioco d’azzardo è dilagato tra i giovani; su questo Mons. Morosini, non ha dubbi: “I giovani non vanno ingannati, ai giovani va detta la verità sempre – dice il presule con forza – in questi giorni stiamo preparando la seconda assemblea pre-sinodale, ma la domanda più ricorrente è: “ma ci ascolteranno?”; così costruiamo cittadini propositivi e persone che non cedono alla “fortuna a portata di mano”, come quella dell’azzardo o dell’assunzione fittizia”.
Un anno fa, era il 28 giugno 2013, per la prima volta si parlava pubblicamente di Gioco d’Azzardo Patologico a Reggio Calabria: Luciano Squillaci descrive cosa è e non è cambiato, affermando che “4 milioni di euro “giocati” nell’azzardo dalle persone in cura presso il Ce.Re.So. negli ultimi 5 anni; una media di 2.500 euro al mese sottratte alle proprie famiglie – prosegue il Portavoce del Forum del Terzo Settore Provinciale – siamo ancora allo zero assoluto, con l’aggravante che è passato un anno. Tutti gli interventi di contrasto e prevenzione sono di natura volontaria, seppure si riconosce la patologia, non si finanziano le cure. Un paradosso a cui si sta cercando di dare una risposta con una proposta di legge, promossa da gran parte del Terzo Settore Nazionale, ad oggi in Commissione Bilancio”.
E allora come se ne esce? “Dobbiamo dircelo chiaramente: questo modello di società è fallito, ora tocca a tutti noi pensarne uno nuovo e costruirlo giorno per giorno, Non è più possibile che i drammi quotidiani che vivono le diverse fragilità del nostro territorio, possano rimanere un problema solo della famiglia e degli “addetti ai lavori”. Siamo tutti chiamati, la cittadinanza intera, a prenderci cura della nostra città. Le comunità sono tali – conclude Squillaci -solo se poggiano su un chiaro impegno solidale che ci lega tutti”.