Il servo di Dio diede prova di una carità davvero straordinaria mostrata non solo negli atti di governo, ma in tutte le circostanze della vita. Egli fu mite ed umile di cuore, ad imitazione del Divino Maestro, pronto a venire incontro alle esigenze del suo popolo, specie nei momenti più difficili come, le inondazioni che negli anni ’50 colpirono vaste zone della sua Arcidiocesi o i moti di Reggio Calabria del 1970-71 in occasione dei quali seppe comprendere mirabilmente le aspirazioni del proprio popolo e mostrò uno straordinario equilibrio.
Tale attitudine autenticamente caritatevole fu da lui peraltro mostrata anche prima di salire alla cattedra episcopale; basti pensare al periodo della Seconda Guerra Mondiale in cui, Rettore al collegio “Gallio” di Como, non solo incoraggiò e guidò con paterna bontà i giovani, ma diede esempio di coraggio e carità non comuni accogliendo molte persone perseguitate a causa del conflitto.
Egli, mediante il suo comportamento, seppe non solo testimoniare, ma trasmettere Dio agli uomini. In tal senso ci sembra particolarmente significativo quanto scritto da Filippo Curatola in un articolo subito dopo la sua morte. Così spiegava i motivi del grande amore nutrito dal popolo nei confronti del suo arcivescovo: «Io credo che l’amore dei reggini per Lui fu soprattutto dovuto al dono più grande che egli fece, un dono che la gente attendeva da sempre e che attende ancora… monsignor Ferro diede alla gente Dio! La gente ha sete di Dio. Nel vescovo, nel prete, nel cristiano la gente vuole vedere soltanto la trasparenza di Dio. Tutto il resto è nulla». Ci sembra che queste affermazioni sintetizzino in maniera efficace il punto focale della figura del Servo di Dio e consentano di spiegare la rilevanza della sua figura per l’epoca in cui è vissuto.
L’esame delle vicende biografiche di monsignor Ferro rende palesi i motivi per cui la sua figura risulta straordinariamente attuale. È facilmente constatabile come siamo in un’epoca nella quale la figura del sacerdote viene sempre più messa in discussione, talvolta anche in maniera molto aggressiva. Si richiede dunque ai pastori un comportamento irreprensibile ed una testimonianza di vita concreta che rappresenti un’attuazione pratica di quanto loro stessi indicano ai fedeli.
Da questo punto di vista la testimonianza del Servo di Dio fu davvero straordinaria: egli per primo diede l’esempio di praticare ad un livello ben superiore alla media, quelle virtù che additava ai fedeli come il mezzo più sicuro per raggiungere elevati livelli di perfezione.
Nel contempo seppe tenersi lontano da un’altra tentazione, molto presente oggi anche in taluni uomini di Chiesa: quella di confondere la necessaria apertura al mondo con la conformazione al mondo, con l’adesione acritica a modelli di vita e di pensiero assolutamente non in sintonia con il messaggio evangelico. Monsignor Ferro, in conformità all’esortazione dell’Apostolo Paolo, non si conformò alla mentalità del secolo e seppe denunciare con forza gli errori del suo tempo; lo fece però non con toni severi e moralistici, ma con la premura di un padre che vuole indicare ai figli la strada più sicura per il vero bene. Con tale atteggiamento egli rappresenta una figura di Pastore quanto mai adatto ad essere proposto alla nostra epoca.
Non si può omettere la sua straordinaria abilità come educatore e formatore dei giovani. In conformità piena al carisma del suo Ordine comasco, egli svolse la difficile missione educativa con una capacità non comune, guidando sapientemente i ragazzi ed i giovani sulle vie di Cristo. Anche questo aspetto risulta di particolare importanza ed attualità in un’epoca come l’attuale in cui i giovani sono sempre più esposti alla nefasta influenza dei “cattivi maestri” e necessitano quanto mai di educatori capaci e retti.
di Paul Pallath
Martedì 18 aprile 2023